lunedì 4 aprile 2016

appunti su Don Chisciotte



Uno
Lui. E' lui che non ricorda nulla, che cerca di ricordare chi è.
Sancio cerca di fargli riconoscere le cose, perché lui deve fare questo lavoro: restituire senso a ciò che non lo ha più.
Passano mille volte davanti ai mulini a vento e Don Chisciotte non ci fa caso, non li vede. Sancio dice Non ti dicono niente?
Don Chisciotte dice Cosa?
Sancio dice Quelli, quelle cose lì.
Don Chisciotte li guarda e dice No perché?
Sono giganti, dice Sancio.
Ah, dice Don Chisciotte.



Il compito di Don Chisciotte è di restituire al mondo una parvenza di senso e poesia. 
Ormai tutto è illeggibile. La realtà non è solo prosaica, è illeggibile. Non perché non abbia senso, ma perché è una moltiplicazione di sensi infinita. Le forze spingono da talmente tante parti che alla fine, mescolandosi, non sono più interpretabili.
Quindi Don Chisciotte, come Kafka, affronta il vuoto, l'inconoscibile, l'angoscia della mancanza di senso. In questo senso sì, si mette a combattere.
Combatte con l'invenzione.
Inventa cose che hanno più senso. Un po' di più.
Che senso ha un mulino a vento? Nessuno.
Un mulino a vento può avere un'utilità, ma non un senso. Non vuole dire niente.

Allora, 
da una parte Don Chisciotte, di mestiere fa questo: veste la realtà di bellezza, la riconsegna all'umanità, assegnandole valori e attribuendole senso di cui, di per sé, la realtà è priva; ma dall'altra il suo compito diventa talmente difficile e improbo che lui stesso si perde, dimentica, tende ad arrendersi.

Sancio ha bisogno di Don Chisciotte, perché senza di lui il mondo è solo una macchina, un'enorme macchina schiacciante e cieca, che agisce per sé sola, né contro né a favore degli uomini. E' un ingranaggio senza leggi umane (Kafka), e privo di pietas.

Quindi Chisciotte diventa uno strumento di salvezza, perché, al contrario di K, lui possiede uno strumento di riscatto: l'inventiva. Lui è un taumaturgo, è colui che crea ciò che necessita di essere creato. ciò senza la cui realtà, la realtà non è più reale.

Quindi Chisciotte è l'umano. 
La misura dell'umano.
Esprime il bisogno dell'uomo di spiegare tutte le cose a propria misura.
A proprio vantaggio (forse, anche).


Ma il nostro Don Chisciotte è anche stanco, e malato. Provato dalle fatiche. E smemorato.
Non sa più chi è. Non è più in grado di ricordarsi tutto. La propria storia, il proprio ruolo.
A volte si ricorda, a volte no.

A volte lotta. A volte non capisce.
Quando non capisce Sancio deve sostituirsi a lui, imboccarlo, cercare di riattivarlo.


Continuo a pensare a una realtà orribile. Fatta di schiavi che muovono le cose. Cinesi che pedalando fanno girare le pale dei mulini a vento.
Esseri sub umani.
Ridotti a uno stato sub umano, che lavorano per creare la realtà, per dare rispettabilità alla realtà.
Questi lavoratori sono invisibili.
Sancio non li vede.
Il pubblico li vede ma non li riconosce, perché nessuno ne parla.
Nessuno parla del fatto che sul palco non c'è solo la storia del Cavaliere dalla triste figura, ma qualcos'altro.
Un popolo di schiavi, di gente compie delle mansioni per far funzionare la macchina.
che però non è vista.

Mi interessa quest'idea della realtà che non si riesce a tenere insieme, che non si può leggere tutta in una volta, ma solo per parti.

Il fatto che Don Chisciotte sia uno strumento nelle mani del sistema, che attraverso la sua capacità di costruire senso e bellezza, diventi in un certo senso, uno strumento reazionario. Colui che rende tollerabile, accettabile, l'orrore. Che lo rende meno orribile.
In questo senso lo si può considerare come l'artista.
L'artista che allo stato attuale dei fatti serve da distrazione, da consolazione, da intrattenitore. Perché non può dire ciò che vede, perché se lo dicesse o nel momento in cui lo dice, smette immediatamente di essere commerciabile. Diventa trasparente.

Ciò che una volta era temuto, adesso è ignorato.
Ciò che una volta costituiva pericolo, adesso è minimizzato, ridicolizzato.

La sola cosa che ha valore è ciò che è in grado di rendere la realtà accettabile, laddove la realtà è vieppiù iniqua intollerabile e inspiegabile.

Don Chisciotte si rende conto, a momenti, a tratti, di essere uno strumento pericoloso nelle mani di qualcosa che potrebbe utilizzarlo a fini impropri. Ma dimentica.
Dimenticare, dimenticarsi, è il suo strumento di difesa contro la responsabilità.

Nessuno vorrebbe essere il responsabile della propaganda di un sistema di oppressione. 
Nessuno vorrebbe essere ritenuto tale.
Ma qualcuno, questo lavoro, lo deve fare.
Perché l'alternativa è il caos, o, nel migliore dei casi, la rivoluzione. Ma anche la rivoluzione deve essere inventata, deve poggiare su qualcosa.
Senza un sistema, senza un immaginario, non può esserci alcuna reazione di difesa.
L'umanità si lascia distruggere perché non è più in grado di opporre un disegno. Le linee divergono, gli esegeti si arrendono.

I soli che ancora possiedono le istruzioni per l'uso del mondo, sono i mercanti di schiavi.


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