sabato 19 dicembre 2015

leggere tutto e dimenticare tutto.

Pensavo alla letteratura. Ogni tanto ci penso.
Oggi, sono andata prendere mia nonna per portarla a pranzo da me. In macchina mi ha detto La dottoressa ha detto che alla testa (è caduta una settimana fa e ha battuto la testa) c'era una commozione cerebrale, ha detto che dovevo andare all'ospedale, che se fosse per lei ci dovrei andare anche adesso.
Ma tu non ci sei voluta venire all'ospedale, quando siamo venuti noi.
No. Infatti, dice mia nonna. 
E invece ci saremmo dovuti andare, ma tu hai fatto resistenza.
Sì,dice mia nonna. Lattes, l'ultima volta che l'ho visto al tempio, mi ha detto Si ricordi che col suo cuore la sola cosa da fare è non prendere nessuna medicina.
Cosa c'entra Lattes.
Lattes era un dottore.
Il cuore è un'altra cosa nonna, noi andavamo lì per la testa.
Tua madre mi ha detto che io non le ho detto che avevo perso conoscenza.
Hai perso conoscenza?
Sì.
Non l'hai detto neanche a noi quando siamo arrivati.
Non mi ricordavo.
Ci volevi far mandare via.
Non era la mia ora.
Magari ti facevano una TAC
Appunto. E poi mi facevano le loro cazzate.
Nonna.
Sì. Lattes non era un dottore di quelli che ti fanno fare i raggi. Era di una scuola contro.
Contro i raggi?
Non esistevano.
Se andavamo all'ospedale, se avevi un'emorragia ti facevano un'operazione d'urgenza alla testa e ti salvavano.
Col mio cuore. 
Col tuo cuore.
Quelli non sanno niente del mio cuore. non sono abituati. Il mio cuore è talmente aritmico, quelli si mettono in testa di raddrizzare tutto, mi davano chissà cosa, e ciao.
Glielo spiegavi.
È andata bene così, no? Sono viva. Non era la mia ora. (...) Lattes mi conosceva fin da piccola perché il nonno aveva un medico dei tranvieri che però non si muoveva, ci aveva mandato Lattes che era un giovane, sai, un giovane, non ancora sposato. Noi c'eravamo presi tutti e tre il morbillo, prima Candida, poi io e poi Umberto, e i nonni facevano il turno per seguirci. Però Candida era poi guarita dopo due settimane, invece a me e Umberto era rimasto. Dentro. Non usciva. E a me era venuta la doppia polmonite con la febbre fino a quarantadue. La nonna mi metteva dentro le lenzuola bagnate tiepide per far abbassare la temperatura di due gradi. Non c'erano molti rimedi.  Però la nonna Agata si era dimenticata di dire alla nonna che dovevano interrompere la Fenicillina. A quei tempi non si sapeva. Poi è arrivato Lattes, ha detto alla nonna Ha interrotto la Fenicillina? E la nonna ha detto no, perché la nonna Agata si era dimenticata di avvisarla. Lei la metteva in un'ostia bagnata, quella polvere, e me la dava, dice Manda giù. E Lattes ha detto Adesso basta.
Così poi il mio cuore. Non si sa cosa sia successo. Non lo sanno neanche adesso come si cura il mio cuore. E Lattes ha detto, poi, quando ormai mi dava del lei, un giorno che uscivamo dal tempio, che lui al tempio ci andava solo per il kippur, perché non era per niente religioso, ha detto Si ricordi, che lei, col suo cuore, meno roba prende meglio è. Si era poi sposato. Quando ormai era il dottore già di tua madre. Gli avevano fatto il corredo. Lui ha detto Non pensavo di sposarmi, ma ancor meno pensavo di sposarmi con un'ebrea. L'avevano fatto primario, l'avevano reintegrato dopo la guerra, ma faceva il primario in un posto... non più dov'era prima. Perché gli ebrei, dopo, dicevano che gli ridavano il posto, ma non era più il vecchio posto. I vecchi posti migliori se l'erano presi i fascisti. Così lui, non so dove l'avessero mandato. In provincia. Ma era bravo. Era bravissimo. Non era come questi di adesso che per qualsiasi cosa ti fanno fare la TAC la TOC, e poi sbagliano lo stesso. Non ci sono più quei dottori lì, che erano abituati. 
Tua madre, quando era piccola, andavano di moda i ricostituenti. Allora tutti davano i ricostituenti. Allora gli avevo detto Dottore, le devo dare i ricostituenti? Lui aveva fatto la faccia, non so se te lo ricordi, non te lo puoi ricordare. 
No.
Aveva una faccia. Con quella faccia mi aveva guardata così, e mi aveva detto Perché vuole darle dei ricostituenti? Le dia delle belle cotolette e la porti al Valentino. E così, io, prima davo il pranzo a Guglielmo, che tornava dal mercato, aveva fame, poi, tutti i giorni dalle due, due e mezza, la portavo al Valentino. Che era ancora, come una volta sai, era... Questi medici così non ci sono più.




Mi è venuta fame, dice la nonna. Sai che ho proprio fame? Perché ho mangiato presto.
Le dico Ho fatto la minestra e poi ho preso la ricotta e anche un formaggio che si chiama blu di capra, tipo gorgonzola.
Buono. Chissà che buono.

Poi a tavola parliamo d'altro. 
E penso ancora un po' alla letteratura. A tutti gli articoli che leggo in questi giorni sulle classifiche dei libri, le polemiche sulle classifiche. E a Jane Austin. All'audiolibro di Jane Austin che io e Gi ci ascoltiamo mentre viaggiamo. E quando ci separiamo ci diciamo Sei già arrivato a quando lei scopre che lui non è uno stronzo?
Sì, sono molto più avanti, vedrai poi, non ti dico niente guarda, me lo sono ascoltato quasi tutto non riesco a staccarmi è pazzesco.
Non mi dire niente.
Non ti dico niente. 

Gi dov'è? chiede la nonna mentre mangia la minestra.
È partito.
Cosa fai a Natale?
Niente.
Andiamo a pranzo fuori?
Sì. Se vuoi. Non faccio niente.
Andiamo al ristorante?
Se vuoi.
Telefoniamo subito. Dobbiamo prenotare subito perché poi è tardi.
Se vuoi.
Pago io.
Se vuoi. C'è anche Gi, il venticinque.
Pago io lo stesso. 

È buono questo formaggio, dice la nonna.
È un po' forte.
No no. Me ne dai un altro pezzettino? È molto buono. Si sente che è di capra. che non fa venire il colesterolo.


Penso a cosa penso della letteratura. A cosa penso della scrittura. Che oggi Gi mi ha chiamata e mi ha chiesto Scrivi? Stai scrivendo? Se scrivi qualcosa mandamelo, lo leggo volentieri. E io penso al saldo in banca di un euro e cinquanta di oggi, dopo il prelievo.
Ho comprato i ferri da calza, perché ho chiesto a Macchianera di insegnare a fare le calze. Lei ha detto di prendere i ferri da calza numero tre.
Cinque euro.
e i formaggi. Nove euro.
E la borragine e i cavoli. Tre euro.
E la focaccia dolce. sette euro.


Buona questa focaccia, dove l'hai presa?
In un panificio qui.
È buona.
Qui, proprio qui dietro, nella piazza. La fanno loro.
Si sente. 
Ne vuoi ancora un pezzettino?
Sì.

Poi le dico, Andiamo di là?
Dice sì.
La faccio mettere sul divano, le porto una copertina, un cuscino rosso. Io intanto stendo, poi mi metto qui vicino a te, a leggere un po'.
Sì - dice la nonna. Poi dorme un po'.


Sono stata proprio bene, grazie, dice quando si sveglia.Si capisce che vuole tornare a casa, ha i gatti, non li voleva, ma li ha presi. Aveva detto Basta animali, ma i gatti erano là fuori. Adesso sono dentro. 
È caduta per portare fuori la sabbietta dei gatti.
I gatti. 
Prima c'erano i cani, poi gatti. Le danno da fare.
Adesso guarda i pesci.
Dev'essere difficile tenere pulito l'acquario, dice.
Non tanto.
Quel pesce lì, poverino, è tutto nero.
È così, è fatto così.
È brutto.
Non le dico che era quello più costoso.
Guarda i pesci come una bambina. Era tanto tempo che nessuno stava in piedi davanti all'acquario a guardare i pesci andare su e giù. Con interesse serio. Con stupore. Nonna.

Sì.
Andiamo.
Sì.


Poi quando torno a casa mi metto a stirare. E penso sempre alla letteratura. Se sia giusto o no pensare alla letteratura. Penso a Victor Hugo, che Lucia ha detto Victor Hugo è stato esiliato in un'isola della Normandia vicino a quella dove vuoi andare tu, e si è portato il figlio che ha tradotto tutto Shakespeare in francese, e si era portato anche l'amante, la sera dormiva con lei.
E la moglie?
La moglie cosa?
Niente.
Nessuno degli scrittori che ci ricordiamo ha avuto una vita lineare e facile. Erano tutti poveri o abbastanza in difficoltà, e quelli ricchi erano ricchi di famiglia. Virginia Woolf non era povera, però non era contenta, si è suicidata. Insomma. 
Insomma.


Macchianera è poi arrivata, è salita fino in casa, fin dentro. E si è anche seduta. Mi ha fatto vedere Vedi, così si mettono su i punti, che li leghi così, sui due ferri, e poi si fa così: uno dritto e uno rovescio, per una ventina di giri, e poi cominci, due dritti e due rovesci, che sarebbe la parte sotto, della caviglia.

Sì sì.
Sì.
Così?
Così.

E quanto tempo era che mia madre non mi spiegava una cosa con le mani?

Poi si alza, deve andare.

E io penso ancora alla letteratura. Che vorrei capire meglio. Capire qualcosa. Leggere tutto, e dimenticare tutto.




martedì 8 dicembre 2015



senza cerbiatti

Questo è proprio un periodo
che viene dopo un periodo
in quanto tale non ha
né dignità né autonomia
un transito semplice
spinto dal tempo.

Il prato è anonimo,
senza profumi,
senza cerbiatti.

lunedì 7 dicembre 2015

quadratura

Sono state tutte quelle mentalità fuorvianti, l'idea di non essere e di non riuscire ad essere, che ti hanno consumata dall'interno. E la realtà è diventata così inarrivabile, come quelle mele che da fuori (perché le trattano con certi additivi ) sono mele, così indiscusse.
E tu, dai retta a me, non saresti stata così... saresti stata più dentro, nel cerchio quadrato, come uomo.

Robin Savalas a Nick Savalas (materiali)

1
caro Nick,
potrà sembrarti strano che ti scriva su questi foglietti che poi ti lascio sul tavolo, invece di parlarti a voce, dato che poi ci vediamo tutti i giorni a colazione. Ma è proprio perché ci vediamo tutti i giorni, che mi risulta del tutto impossibile parlarti a voce.
Sono sicura che i miei pizzini non ti saranno comunque di grande disturbo.

Non ti sei mai chiesto come mai io e te stiamo insieme da tanti anni,non ti sei mai chiesto come sarebbe la tua vita
se al mio posto ci fosse stata un'altra?
A volte io me lo chiedo.Quanto sarei diversa da quello che sono 
se tu, se per esempio i nostri figli, per esempio,
non fossero tutti figli tuoi, che faccia avrebbero?
Che voce avrebbero?

Premetto che io sono felice,e molto,con te.

Però, poiché i pensieri non si possono comandare che in minima parte, a volte (soprattutto mentre stiro), mi capita di pensare: mah
(sei una persona meravigliosa, non mi hai mai fatto mancare niente,
il ristorante, tutto è sempre andato secondo i piani e fin troppo bene. Ma forse proprio per questo... senza neanche un rischio). Ti amo tanto, comunque,buon mattino amore.

2
Ecco, ripensando a quello che ti ho scritto ieri
a quel senza neanche un rischio
volevo forse dire che non abbiamo rischiato abbastanza?
Non so.
A volte mi annoio,
anche se ti sono infinitamente grata 
per tutto quello che ci siamo dati
e che ancora ci diamo.
Tutti i santi giorni.

Il fatto è che mi sento come se fossimo vecchi
che ormai non ci sia più tempo.
Che non ci sia più tempo di cambiare idea.

Non c'è davvero più tempo, Nick?
Nick.
Io non lo so.
Non so neanche come scriverti tutte queste cose
dopo sei meravigliosi figli...
tu sei il mio amico, il mio fratello
Sei tutto.
A proposito di fratelli,te lo dico domani.


3
Nick, io credo sia giusto che tu sappia che da qualche anno,
dodici più o meno, dal diciassette marzo 1979, la sera del debutto di Signorina Julie al Garden, io ho una specie di 
(una specie)
niente di importante
per tuo fratello Aristoteles
anche se non abbiamo mai fatto niente, ci mancherebbe.
Cioè, non abbiamo. 
Su questo stai tranquillo.
Da questo punto di vista Nick,
io tengo molto a te.
Però anche a lui, Aristoteles, è bello.
Siete talmente diversi,
anche se siete fratelli.


4
Nick,
io ho pensato che non cambierebbe molto per noi, 
se nei prossimi tempi io mi trasferissi in un'altra casa
pensavo di, fare questa prova.
Vorrei scoprire com'è, svegliarsi e non avere la tua facciona accanto, non sentirti tutti i giorni ciabattare fuori dalla doccia
e cose del genere.
Ho comprato una piantina di basilico. 
Ci sentiamo stasera.
In freezer ho ficcato gli avanzi del matrimonio di ieri,
era peccato sbatter via tutta quella roba

P.S.
Credo che dovremmo rivedere anche le porzioni,
avanza sempre troppa roba, la gente non mangia più come una volta
hanno tutti la fissazione della dieta.
Allora dove ficcare tutti quegli avanzi?
Io credo che non possiamo ancora vivere mangiando quello che gli altri non vogliono più.

Ecco. Ho l'impressione che noi ci siamo sempre mangiati gli avanzi degli altri.
E io adesso mi accorgo che non ho più voglia. 
ti amo tanto, ma non nel senso in cui si ama uno con il quale si ha voglia di vivere.

tua
Robin

lunedì 30 novembre 2015

noli me tangere









NOLI ME TANGERE

Incipit con lui
che è la mano che la saluta
Lei è la donna ferma
sorretta in piedi – Maddalena, il corpo dal quale si allontanerà, Non fa nulla lei, rimette a posto i capelli e la macchina parte.  Rumore d’abbandono.
Anche se qui
non si tratta di fine
ma al contrario,
come capiremo dopo,
d’un protrarsi e risorgere.
Se tu fossi mio figlio, ma non sei mio figlio.
Se tu lo fossi.
Ma non lo sei.
Se tu fossi mio appena un poco.
Cosa ti manca di me? – chiede Gesù –
un contratto di proprietà
per amarmi?
Poi lui se ne andò – com’è ben detto,
giacché tutte le cose scritte
richiedono un finale più duro
(ma che lui tornò, e molte volte,
sui suoi passi,
pagando amore con pietra,
non si scrisse mai).
La casa era piena di quei sassi tondi che lui appunto si fermava a raccogliere lungo la strada.  Un dono per prenderla in dono, pietre, che lei conservava in forma bianca di montagna.
Il giorno della croce fu così triste che lei volle morire
e ingoiò quei sassi:
per essere pesante
per non volare in cielo
per lasciarlo andare solo
dove voleva andare solo
dove le scelte lo portavano,
ma il giorno della Sua resurrezione lei fu così felice
che partorì quei sassolini bianchi
e quello era per non sentirsi sola per avere qualcosa cui dare un nome e giocare in terra con qualcuno che fosse ancora suo.
Dato che era risorto, ma non per lei, e non aveva voluto più giocare né essere toccato. 
Io ti vedo
Io ti conosco                                                                                                                                   
Io ti chiamo
Mi vedi?
Mi conosci e mi chiami.
Ma io non esisto.
E allora –
cosa te ne sei fatto di me?
credevo nel tuo ritorno anche per quello ti ho aspettato.
Tu eri il mezzo basso per raggiungere un fine molto alto.
Questo significa che non mi vuoi neanche abbracciare?
Se potessi ti abbraccerei, ancora,
ma non posso
mi guardano
e devo andare
sono in ritardo.
Tornerai?
No. Ho lasciato la macchina davanti a casa tua
Con le chiavi dentro, ho pensato  magari
ti poteva servire
una macchina nuova.
E io?
Non chiedermi sempre cose alle quali non so rispondere.
Allora Maddalena scioglie i capelli e piange tirando su col naso mentre cerca le chiavi sotto il cruscotto e dà un’occhiata al modello metallizzato sale, mette in moto cercando di fare più rumore possibile in mezzo a tutta quella polvere che le finisce negli occhi e nel naso mentre lei viaggia e in pochi minuti è già parecchio lontano in un posto dove non la conoscono e quando si ferma dice al benzinaio Cos’ha da guardarmi?
Ho viaggiato, mi faccia il pieno.  E il benzinaio con tanto d’occhi ubbidisce pensando L’ho già vista da qualche parte questa qui ma non mi ricordo non mi ricordo dove.
E solo quando lei rimette in moto e parte,
le viene in mente
si ricorda
e subito dopo si vergogna.
Poi Maddalena risale i fiumi
e scavalca le montagne,
diventa una specie di camionista antica
sempre con il gomito a metà fuori dal finestrino
e l’aria che le basta andare del resto
non gliene frega niente
Poi un giorno che c’era molto sole                                                                                                  
per un riflesso vede acqua
su quell’asfalto
uno di quei piccoli miraggi autostradali
che nel suo caso assume valenze spropositate
essendo lei
naturalmente predisposta all’errore
e alla perdizione,
ferma la macchina, scende
per abbeverarsi con le mani
a quella pozzanghera provvidenziale
fatta di luce e niente
ma quando si accorge dello scherzo ed è già
investita da quel baccano enorme
quello schianto che non si capisce chi sia
che vola a pezzi
fianco, sopra e dentro – pensa Che grande finale, anche tu.

domenica 22 novembre 2015

albero

Una volta o l'altra torno indietro, torno là, mi lego a un sasso, resto ferma, non mi muovo, divento l'albero che guardavamo dal letto, che pensavamo: Non se ne andrà mai di là. 

W i trans







Ieri L. mi ha invitata a una manifestazione per i diritti dei trans. I trans, mi ha spiegato F. mentre camminavamo in via Po dietro il camioncino con sopra i musicisti che cantavano canzoni romantiche amplificate, sono gli ultimi degli ultimi. Neanche i gay li vedono tanto di buon occhio, perché rappresentano qualcosa che li spaventa, e anche perché adesso tra i gay va più il gay con la barba, il gay virile. E poi i trans non presentano tanto bene per via che battono, non potendo svolgere molte altre professioni con facilità. Così ho scoperto questa cosa che non sapevo, dell'emarginazione al quadrato e, anche se non sono trans, ero contenta di camminare con loro, perché mi sembrava una cosa buona non farli sentire soli, anche se faceva freddo e ci si congelavano le mani. 
Non era una manifestazione con gli slogan urlati, nessuno urlava, c'erano solo le voci, gli accompagnamenti di quelle canzoni romantiche e melodiche, senza rivendicazioni né altro. Solo quel camminare mite in neanche tanti.

martedì 17 novembre 2015

Basta un po' d'acqua a far cantare qualcosa.







Sul balcone ci sono i vasi dei fiori, li bagno tutti i giorni, e oggi ho visto questo: la lavanda fiorita.
Sì, la lavanda ha messo un fiore. Un unico piccolo fiore di un intenso viola.
L'ho strofinato lievemente per sentirne il profumo sulle dita. Profuma di lavanda.
La natura è strana, non ha altro che sé stessa come giudice, non ha altro che sé stessa a misura di ogni cosa.
C'è anche una rosa, malata, in un vaso, che fino a qualche giorno fa lasciava ben poche speranze: foglie secche, esili foglie ormai strinate da un qualche invisibile accanito parassita. Ma la rosa oggi sembrava diversa, appena più forte, più verde di ieri. 
Sembra abbia scelto di vivere.
Ho bagnato la rosa e tutte le vicine di vaso intonavano: Una rosa è una rosa è una rosa.
L'acqua è miracolosa, certi giorni basta un po' d'acqua, a far cantare qualcosa.












domenica 8 novembre 2015

fotografia numero # ( penultima)










Non era per far niente, solo per fare una fotografia, eravamo entrati in quelle cabine della stazione. Gli scatti erano tre. Tre le possibilità, le chances. Le prime due le ho scartate d'istinto, non perché fossero brutte, per vedere cosa ci era riservato, dopo, dal destino.
il destino, invece, non ci riservava niente.
La foto è caduta giù dalla feritoia. La terza foto, l'ultima, quella dopo la quale non c'erano altre possibilità.
io ero scomposta, lo sguardo fuori, il tuo verso l'obiettivo. Non eravamo insieme né cosi felici, come avremmo voluto essere, ricordarci. C'era una febbre, una sete di qualcosa.


Mi devo ricordare, mi ero detta dopo, di tenere fermi gli occhi.

sabato 7 novembre 2015

L'esito disastroso di Melisenda e la città di Mosca

CRONOLOGIA UNIVERSALE 3








1147 

Mentre l'imperatore di Bisanzio Manuele Commeno è trattenuto in Oriente da diatribe con i crociati, il re di Sicilia Ruggero ii conquista i territori bizantini di Corfù, Corinto e Tebe.


Melisenda, reggente di Gerusalemme, intraprende una spedizione nell'Hauran (regione compresa fra Siria e Giordania), ma l'esito è disastroso.


Risalgono a questa data le prime notizie storiche sulla città di Mosca.

venerdì 6 novembre 2015

I VICHINGHI E IL GIURAMENTO DI STRASBURGO (da Cronologie sinfoniche)


CRONOLOGIA UNIVERSALE



anno 842

vichingo danese





I Vichinghi danesi risalgono la Senna fino a Rouen e St Denis e (altri vichinghi) saccheggiano Londra.


Il governatore di Bari Pandone chiede l'intervento del berbero Khalfun per fronteggiare Siconulfo (rivale di Radelchi, duca di Benevento), ma gli armati di Khalfun,  entrano di sorpresa in città e, ammazzato Pandone, se ne impossessano. Radelchi si allea con Khalfun e invia il figlio Orso a espugnare Canosa insieme ai Saraceni, contro Siconulfo, ma le forze di Siconulfo prevalgono. Khalfun, approfittando di una guerra interna al Ducato di Benevento, distrugge Capua.

14 febbraio (un martedì) 

Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo stipulano i Giuramenti di Strasburgo nei quali giurano di non stringere mai e per nessun motivo patti con Lotario ( imperatore, nonché loro fratello) in forma bilingue (antico tedesco:In Godes minna ind in thes christiānes folches ind unsēr bēdhero gehaltnissī e antico francese:Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun saluament,).


5 gennaio (un giovedì)

Malgrado la sua forte fibra e il suo fisico atletico, contrasse una forte febbre e morì. Era l'ottavo califfo della dinastia Abbaside Al-Muʿtaṣim.


le foto che non abbiamo fatto

Questa è la nostra storia al punto in cui siamo. Non abbiamo tempo di tornare indietro. Se vogliamo un passato la sola strada possibile è questa: metterci in posa, simularlo.






Foto numero uno
Io  mangio il mio gelato, tu bevi il tuo caffè. Tavolino tondo con tovaglia traforata di plastica. La mia coppa è a forma di cigno. Altri attorno a noi, non siamo soli.

Quando ci siamo seduti tu hai detto che sapevi già tutto. Hai detto che quando ci siamo seduti non era già più l’inizio. L’inizio era prima. Hai detto che quando ci siamo seduti era l’inizio per me. 
Per te l’inizio era prima, era dalle scale della metropolitana, a venire avanti, a scoprire il tavolo e le sedie della piazza, a cercare con lo sguardo quello che poi avresti trovato e avresti visto sempre.
Io avevo la borsa in braccio, leggevo. Facevo finta di leggere, un libro. Facevo passare il tempo perché sapevo che saresti arrivato ma non sapevo quando e non sapevo chi eri. Sapevo che saresti arrivato.

Il tavolo era rotondo e ci siamo seduti. Ma  l’inizio era prima.
L’inizio era prima, quando ancora io non ti avevo visto, quando stavo in piedi e il tavolino non era ancora il tavolino del nostro  incontro.
Era prima. Quello che avevi visto tu era dalle scale della metropolitana.

Non importa come la gente si trova. Non ha importanza. La vita è troppo difficile per imporsi ancora ulteriori regole, non bisogna farsi lo sgambetto da soli, non bisogna avere paura di facilitarsi le cose. Hai detto.

Per facilitarti le cose avevi scelto me.

Sul tavolino ci metto una coppa di gelato e un caffè lungo. Un quotidiano non ancora letto piegato su se stesso come per picchiare un cane, il menù del bar con foto a colori di coppe gelato. Sempre così diverse le foto dal gelato. La foto è lucida, il gelato non può essere lucido. La foto falsa la dimensione: enorme, appagante, una cosa che non finirà mai. Il gelato è la riproduzione imperfetta di quella solennità fotografica.
La realtà è sempre leggermente meno efficace della simulazione. Infatti.





Foto numero due: in un bosco, un albero flesso quasi fino al suolo. I rami sono cresciuti verso l’alto, verso la luce. Ma l’albero ( una quercia?) non è caduto, non c’è frattura visibile sul suo tronco, sembra solo inclinato, come dal vento.

In un bosco ogni cosa umana si rimpicciolisce, prende dimensioni terrene delle foglie, dei piccoli semi, degli insetti e della semplice terra. Siamo rimasti in silenzio a lungo ad ascoltare le cicale e sotto le cicale, un tappeto di api. Hai paura delle api? Ti ho chiesto - Sì, mi hai detto. Le api non fanno niente - ti ho detto - le api non fanno proprio niente, non devi aver paura, ti ho detto. Io ho paura dei cinghiali, ti ho detto. Perché? mi hai chiesto. Non so, ti ho detto, per via dei piccoli forse. Se un cinghiale è madre con i piccoli, se dovesse vedere un pericolo i noi, ci attaccherebbe.
Dunque sarebbe lei che ha paura di noi? Hai detto. Si – ti ho detto, una paura che genera altra paura.
Eccetera- hai detto tu. 
Poi ci siamo alzati ed abbiamo continuato a camminare lungo il sentiero, ma non ci siamo persi. Perdersi potrebbe essere bello ma anche brutto. Perdersi è un attimo. Però è molto difficile perdersi in un bosco, si sta troppo attenti.

tempo

Un secondo dopo il presente è già memoria.

è grazie alla memoria che le cose si sistemano,
si organizzano,
si giustificano.

Per il solo fatto di essere state?

(2012)








canto dell'amputato










Da giorni vede ciò che non c'è:
sugo di tonno con scorza di limone,
sigarette con filtro strappato
sdraio aperta dal lato sbagliato,
neve.

Sono lische di sirene:
cantano forte 
per non saperne niente 
del niente della morte.






(2012)