mercoledì 19 luglio 2017

diario del viaggio di nozze


in mezzo all'erba c'era una vipera. non faceva male a nessuno. stava nell'erba come una cosa tra le altre. ho battuto col bastone per vedere se aveva la testa piatta. le vipere mi avevano detto, le riconosci perché hanno la testa piatta. aveva la testa piatta. era dunque una vipera. dal gran battere il bastone si era anche rotto. lei si era mossa poco come dire, che hai? tutto sto battere.
allora mi ero vergognata.
la vipera si era intrufolata nel gradino della casa, era andata ancora più dentro. dopo non l'ho più vista, ma sapere che c'era mi metteva in agitazione. non volevo che si ricordasse che volevo valutarle la testa.

elefante

oggi sono andata a parlare coi fisici, per imparare delle cose sul tempo che dove non succede qualcosa non esiste. questa cosa sul tempo e anche altre. a me piace molto sentirli parlare in quel loro modo enorme e normale di buchi neri sparpagliati per la galassie, e noi, che esistiamo nell'unico universo alla nostra portata, nell'unico universo che siamo in grado di comprendere, di concepire, tra tutti gli universi possibili. eppure, ancora, non lo capiamo, perché non abbiamo fantasia. una divinità che si manifesta in forma animale, che quando la osservi è un elefante, per esempio, poi la esservi di nuovo, per vedere di che colore è, vedi il colore, blu, per esempio, ma poi, visto il blu, ti ridiventa tutti gli animali possibili e niente più elefante. la osservi di nuovo e va bene. elefante, sei contento, scrivi elefante, la osservi un'altra volta, ancora elefante, guardi il colore, bianco, ma non è più elefante. è ridiventata tutti gli animali. non si sa perché. non si capisce. eppure è così. se la osservi per sapere una cosa, va bene, se la osservi per saperne due, niente, devi ricominciare da capo. animale, tutti gli animali. è una divinità fatta così. e io li ringrazio tantissimo. poi, quando me ne vado, loro restano in quel tempo, io prendo la macchina e, per un po', credo che la vita sia piccola e splendente.

sabato 15 luglio 2017

a E




Avevamo fatto alcune fotografie tutti insieme in cui si sorrideva l'estate prima di salire sull'aereo per la turnè in sicilia dove poi il regista aveva fatto capire a tutti con le buone in un bagno turco che dio non esisteva, e tu, nonostante questo, eri così bello eri così sulla cima di tutte le cose, che ogni sera compivi un miracolo, che io trascrivevo al mattino su un quaderno seduta al tavolo del bar del cappuccino. ed ecco qua: il quaderno, le fotografie comprovanti il volo, il volar via, e noi, che non saremo mai più stati più luce di così.

venerdì 14 luglio 2017

la barca

D quasi un giorno sì e uno no, mi mandava una barca fotografata, voleva che gli dessi il mio parere, sapere se, secondo me, andava bene per andarci a vivere. Io gli dicevo, Sì, però ti devi prendere il coso, quello per imparare a navigare. Lui diceva, Quello poi si prende, è un problema secondario. Invece secondo me non era secondario, ma lasciamo stare. All'inizio io ci credevo, a questa cosa dei barconi, poi è diventata talmente una cosa simbolica, che si è capito che scegliere la barca per andarci a vivere, non era per andarci a vivere, era più per sopravvivere. Allora non gli ho più detto niente, del brevetto. Ho cominciato ad occuparmi solo della bellezza delle barche, che più erano vecchie e scalcinate e più erano belle. Una era bellissima. Costava neanche quattordicimila euro. Forse non navigava perché aveva dei buchi nella chiglia. Era rossa. Era in portogallo. E io, appena l'ho vista ho detto Questa. Poi ne sono venute altre (me ne ha spedite centinaia) ma quella era la più bella. la più salvifica. Adesso D si è comprato una casa, con le zampe, intendo, una casa che sta appoggiata alla terra, quindi niente acqua, niente barconi, niente mare. Ha messo radici. Qualche volta però, raramente, quando sono troppo triste al telefono, mi manda un'altra barca, ma io penso sempre a quella là, dico, niente, io amerò sempre quella portoghese rossa. Quella, dice D, non si può. Richiede troppa manutenzione. Lo dice serio, non scherza, perché, anche nei sogni, bisogna pensare al futuro.