lunedì 30 novembre 2015

noli me tangere









NOLI ME TANGERE

Incipit con lui
che è la mano che la saluta
Lei è la donna ferma
sorretta in piedi – Maddalena, il corpo dal quale si allontanerà, Non fa nulla lei, rimette a posto i capelli e la macchina parte.  Rumore d’abbandono.
Anche se qui
non si tratta di fine
ma al contrario,
come capiremo dopo,
d’un protrarsi e risorgere.
Se tu fossi mio figlio, ma non sei mio figlio.
Se tu lo fossi.
Ma non lo sei.
Se tu fossi mio appena un poco.
Cosa ti manca di me? – chiede Gesù –
un contratto di proprietà
per amarmi?
Poi lui se ne andò – com’è ben detto,
giacché tutte le cose scritte
richiedono un finale più duro
(ma che lui tornò, e molte volte,
sui suoi passi,
pagando amore con pietra,
non si scrisse mai).
La casa era piena di quei sassi tondi che lui appunto si fermava a raccogliere lungo la strada.  Un dono per prenderla in dono, pietre, che lei conservava in forma bianca di montagna.
Il giorno della croce fu così triste che lei volle morire
e ingoiò quei sassi:
per essere pesante
per non volare in cielo
per lasciarlo andare solo
dove voleva andare solo
dove le scelte lo portavano,
ma il giorno della Sua resurrezione lei fu così felice
che partorì quei sassolini bianchi
e quello era per non sentirsi sola per avere qualcosa cui dare un nome e giocare in terra con qualcuno che fosse ancora suo.
Dato che era risorto, ma non per lei, e non aveva voluto più giocare né essere toccato. 
Io ti vedo
Io ti conosco                                                                                                                                   
Io ti chiamo
Mi vedi?
Mi conosci e mi chiami.
Ma io non esisto.
E allora –
cosa te ne sei fatto di me?
credevo nel tuo ritorno anche per quello ti ho aspettato.
Tu eri il mezzo basso per raggiungere un fine molto alto.
Questo significa che non mi vuoi neanche abbracciare?
Se potessi ti abbraccerei, ancora,
ma non posso
mi guardano
e devo andare
sono in ritardo.
Tornerai?
No. Ho lasciato la macchina davanti a casa tua
Con le chiavi dentro, ho pensato  magari
ti poteva servire
una macchina nuova.
E io?
Non chiedermi sempre cose alle quali non so rispondere.
Allora Maddalena scioglie i capelli e piange tirando su col naso mentre cerca le chiavi sotto il cruscotto e dà un’occhiata al modello metallizzato sale, mette in moto cercando di fare più rumore possibile in mezzo a tutta quella polvere che le finisce negli occhi e nel naso mentre lei viaggia e in pochi minuti è già parecchio lontano in un posto dove non la conoscono e quando si ferma dice al benzinaio Cos’ha da guardarmi?
Ho viaggiato, mi faccia il pieno.  E il benzinaio con tanto d’occhi ubbidisce pensando L’ho già vista da qualche parte questa qui ma non mi ricordo non mi ricordo dove.
E solo quando lei rimette in moto e parte,
le viene in mente
si ricorda
e subito dopo si vergogna.
Poi Maddalena risale i fiumi
e scavalca le montagne,
diventa una specie di camionista antica
sempre con il gomito a metà fuori dal finestrino
e l’aria che le basta andare del resto
non gliene frega niente
Poi un giorno che c’era molto sole                                                                                                  
per un riflesso vede acqua
su quell’asfalto
uno di quei piccoli miraggi autostradali
che nel suo caso assume valenze spropositate
essendo lei
naturalmente predisposta all’errore
e alla perdizione,
ferma la macchina, scende
per abbeverarsi con le mani
a quella pozzanghera provvidenziale
fatta di luce e niente
ma quando si accorge dello scherzo ed è già
investita da quel baccano enorme
quello schianto che non si capisce chi sia
che vola a pezzi
fianco, sopra e dentro – pensa Che grande finale, anche tu.

domenica 22 novembre 2015

albero

Una volta o l'altra torno indietro, torno là, mi lego a un sasso, resto ferma, non mi muovo, divento l'albero che guardavamo dal letto, che pensavamo: Non se ne andrà mai di là. 

W i trans







Ieri L. mi ha invitata a una manifestazione per i diritti dei trans. I trans, mi ha spiegato F. mentre camminavamo in via Po dietro il camioncino con sopra i musicisti che cantavano canzoni romantiche amplificate, sono gli ultimi degli ultimi. Neanche i gay li vedono tanto di buon occhio, perché rappresentano qualcosa che li spaventa, e anche perché adesso tra i gay va più il gay con la barba, il gay virile. E poi i trans non presentano tanto bene per via che battono, non potendo svolgere molte altre professioni con facilità. Così ho scoperto questa cosa che non sapevo, dell'emarginazione al quadrato e, anche se non sono trans, ero contenta di camminare con loro, perché mi sembrava una cosa buona non farli sentire soli, anche se faceva freddo e ci si congelavano le mani. 
Non era una manifestazione con gli slogan urlati, nessuno urlava, c'erano solo le voci, gli accompagnamenti di quelle canzoni romantiche e melodiche, senza rivendicazioni né altro. Solo quel camminare mite in neanche tanti.

martedì 17 novembre 2015

Basta un po' d'acqua a far cantare qualcosa.







Sul balcone ci sono i vasi dei fiori, li bagno tutti i giorni, e oggi ho visto questo: la lavanda fiorita.
Sì, la lavanda ha messo un fiore. Un unico piccolo fiore di un intenso viola.
L'ho strofinato lievemente per sentirne il profumo sulle dita. Profuma di lavanda.
La natura è strana, non ha altro che sé stessa come giudice, non ha altro che sé stessa a misura di ogni cosa.
C'è anche una rosa, malata, in un vaso, che fino a qualche giorno fa lasciava ben poche speranze: foglie secche, esili foglie ormai strinate da un qualche invisibile accanito parassita. Ma la rosa oggi sembrava diversa, appena più forte, più verde di ieri. 
Sembra abbia scelto di vivere.
Ho bagnato la rosa e tutte le vicine di vaso intonavano: Una rosa è una rosa è una rosa.
L'acqua è miracolosa, certi giorni basta un po' d'acqua, a far cantare qualcosa.












domenica 8 novembre 2015

fotografia numero # ( penultima)










Non era per far niente, solo per fare una fotografia, eravamo entrati in quelle cabine della stazione. Gli scatti erano tre. Tre le possibilità, le chances. Le prime due le ho scartate d'istinto, non perché fossero brutte, per vedere cosa ci era riservato, dopo, dal destino.
il destino, invece, non ci riservava niente.
La foto è caduta giù dalla feritoia. La terza foto, l'ultima, quella dopo la quale non c'erano altre possibilità.
io ero scomposta, lo sguardo fuori, il tuo verso l'obiettivo. Non eravamo insieme né cosi felici, come avremmo voluto essere, ricordarci. C'era una febbre, una sete di qualcosa.


Mi devo ricordare, mi ero detta dopo, di tenere fermi gli occhi.

sabato 7 novembre 2015

L'esito disastroso di Melisenda e la città di Mosca

CRONOLOGIA UNIVERSALE 3








1147 

Mentre l'imperatore di Bisanzio Manuele Commeno è trattenuto in Oriente da diatribe con i crociati, il re di Sicilia Ruggero ii conquista i territori bizantini di Corfù, Corinto e Tebe.


Melisenda, reggente di Gerusalemme, intraprende una spedizione nell'Hauran (regione compresa fra Siria e Giordania), ma l'esito è disastroso.


Risalgono a questa data le prime notizie storiche sulla città di Mosca.

venerdì 6 novembre 2015

I VICHINGHI E IL GIURAMENTO DI STRASBURGO (da Cronologie sinfoniche)


CRONOLOGIA UNIVERSALE



anno 842

vichingo danese





I Vichinghi danesi risalgono la Senna fino a Rouen e St Denis e (altri vichinghi) saccheggiano Londra.


Il governatore di Bari Pandone chiede l'intervento del berbero Khalfun per fronteggiare Siconulfo (rivale di Radelchi, duca di Benevento), ma gli armati di Khalfun,  entrano di sorpresa in città e, ammazzato Pandone, se ne impossessano. Radelchi si allea con Khalfun e invia il figlio Orso a espugnare Canosa insieme ai Saraceni, contro Siconulfo, ma le forze di Siconulfo prevalgono. Khalfun, approfittando di una guerra interna al Ducato di Benevento, distrugge Capua.

14 febbraio (un martedì) 

Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo stipulano i Giuramenti di Strasburgo nei quali giurano di non stringere mai e per nessun motivo patti con Lotario ( imperatore, nonché loro fratello) in forma bilingue (antico tedesco:In Godes minna ind in thes christiānes folches ind unsēr bēdhero gehaltnissī e antico francese:Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun saluament,).


5 gennaio (un giovedì)

Malgrado la sua forte fibra e il suo fisico atletico, contrasse una forte febbre e morì. Era l'ottavo califfo della dinastia Abbaside Al-Muʿtaṣim.


le foto che non abbiamo fatto

Questa è la nostra storia al punto in cui siamo. Non abbiamo tempo di tornare indietro. Se vogliamo un passato la sola strada possibile è questa: metterci in posa, simularlo.






Foto numero uno
Io  mangio il mio gelato, tu bevi il tuo caffè. Tavolino tondo con tovaglia traforata di plastica. La mia coppa è a forma di cigno. Altri attorno a noi, non siamo soli.

Quando ci siamo seduti tu hai detto che sapevi già tutto. Hai detto che quando ci siamo seduti non era già più l’inizio. L’inizio era prima. Hai detto che quando ci siamo seduti era l’inizio per me. 
Per te l’inizio era prima, era dalle scale della metropolitana, a venire avanti, a scoprire il tavolo e le sedie della piazza, a cercare con lo sguardo quello che poi avresti trovato e avresti visto sempre.
Io avevo la borsa in braccio, leggevo. Facevo finta di leggere, un libro. Facevo passare il tempo perché sapevo che saresti arrivato ma non sapevo quando e non sapevo chi eri. Sapevo che saresti arrivato.

Il tavolo era rotondo e ci siamo seduti. Ma  l’inizio era prima.
L’inizio era prima, quando ancora io non ti avevo visto, quando stavo in piedi e il tavolino non era ancora il tavolino del nostro  incontro.
Era prima. Quello che avevi visto tu era dalle scale della metropolitana.

Non importa come la gente si trova. Non ha importanza. La vita è troppo difficile per imporsi ancora ulteriori regole, non bisogna farsi lo sgambetto da soli, non bisogna avere paura di facilitarsi le cose. Hai detto.

Per facilitarti le cose avevi scelto me.

Sul tavolino ci metto una coppa di gelato e un caffè lungo. Un quotidiano non ancora letto piegato su se stesso come per picchiare un cane, il menù del bar con foto a colori di coppe gelato. Sempre così diverse le foto dal gelato. La foto è lucida, il gelato non può essere lucido. La foto falsa la dimensione: enorme, appagante, una cosa che non finirà mai. Il gelato è la riproduzione imperfetta di quella solennità fotografica.
La realtà è sempre leggermente meno efficace della simulazione. Infatti.





Foto numero due: in un bosco, un albero flesso quasi fino al suolo. I rami sono cresciuti verso l’alto, verso la luce. Ma l’albero ( una quercia?) non è caduto, non c’è frattura visibile sul suo tronco, sembra solo inclinato, come dal vento.

In un bosco ogni cosa umana si rimpicciolisce, prende dimensioni terrene delle foglie, dei piccoli semi, degli insetti e della semplice terra. Siamo rimasti in silenzio a lungo ad ascoltare le cicale e sotto le cicale, un tappeto di api. Hai paura delle api? Ti ho chiesto - Sì, mi hai detto. Le api non fanno niente - ti ho detto - le api non fanno proprio niente, non devi aver paura, ti ho detto. Io ho paura dei cinghiali, ti ho detto. Perché? mi hai chiesto. Non so, ti ho detto, per via dei piccoli forse. Se un cinghiale è madre con i piccoli, se dovesse vedere un pericolo i noi, ci attaccherebbe.
Dunque sarebbe lei che ha paura di noi? Hai detto. Si – ti ho detto, una paura che genera altra paura.
Eccetera- hai detto tu. 
Poi ci siamo alzati ed abbiamo continuato a camminare lungo il sentiero, ma non ci siamo persi. Perdersi potrebbe essere bello ma anche brutto. Perdersi è un attimo. Però è molto difficile perdersi in un bosco, si sta troppo attenti.

tempo

Un secondo dopo il presente è già memoria.

è grazie alla memoria che le cose si sistemano,
si organizzano,
si giustificano.

Per il solo fatto di essere state?

(2012)








canto dell'amputato










Da giorni vede ciò che non c'è:
sugo di tonno con scorza di limone,
sigarette con filtro strappato
sdraio aperta dal lato sbagliato,
neve.

Sono lische di sirene:
cantano forte 
per non saperne niente 
del niente della morte.






(2012)

giovedì 5 novembre 2015

IL PHAYALO e LE CROCIATE (da Cronologie sinfoniche)




"Anche se non sei buono di carattere, se ti porti dietro i misfatti originali,i tuoi disastri o le tue colpe. Se hai le orecchie e gli occhi hai comunque una consegna, una specie di lasciapassare; non dico proprio una ragione, ma una scusa, almeno, per stare al mondo."



torma indisciplinata e raccogliticcia






CRONOLOGIA UNIVERSALE




AGOSTO|1096

Una torma di gente raccogliticcia e indisciplinata - guidata dal monaco predicatore Pietro l'Eremita - giunge il 1 agosto a Costantinopoli, guardata con sospetto dai bizantini, che hanno avuto notizia dei saccheggi e delle devastazioni e dei massacri compiuti durante il viaggio dai partecipanti a questa spedizione ( poi detta dagli storici "crociata dei poveri" i "degli straccioni"). Inoltratisi in Asia Minore, costoro (i "crociati poveri" o "gli straccioni"), vengono sterminati dai turchi presso Nicea.

Intorno a questa stessa data è documentata l'esistenza, della parte centro settentrionale dell'attuale Thailandia, di un piccolo stato thai: il Phayalo.

martedì 3 novembre 2015

Il ragazzo che trasformò sua sorella in una rana (materiali)

A scuola in prima media i primi giorni (fino a novembre) andava tutto bene. La scuola mi piaceva. I compagni erano simpatici. I professori erano simpatici. Abbastanza.
Però da Novembre sono cominciati dei problemi, perché non rispondevo a tutte le domande. Perché non mi ricordavo le risposte. Perché la domenica sera mi dimentico i libri a casa di papà e non posso ripassare, oppure a volte studio ma non mi ricordo le cose che ho studiato. Come i Sumeri.
I greci.
Le palafitte.
Le divisioni con la virgola la mamma non le sapeva. Perché non se le ricordava.
Papà me le ha spiegate al telefono. Non ci capivo. Ha detto che me le spiegava govedì, ma giovedì era tra due giorni e il compito in classe era mercoledì. Rita dice che in prima liceo usano la calcolatrice quindi niente.
Quindi alla fine mi becco un due dalla Messettilli e tanti saluti.
Poi giovedì papà dice che se voglio me le spiega, ma io dico di no. Ormai.
Poi me le spiega lo stesso perché papà dice che non mi devo arrendere subito alla prima difficoltà. Io gli dico che non è la prima difficoltà, che c’erano anche i Sumeri e la deriva dei continenti. Mi ha voluto spiegare a tutti i costi le divisioni con la virgola con la tecnica di aggiungere gli zeri come faceva lui alla mia età, che si aggiungono prima gli zeri come se moltiplicassi per dieci per cento per mille, e poi si tolgono gli zeri ed è fatta. Perché ogni volta togli uno zero o metti uno zero ed è più facile.
Io dico a papà che la Messettilli le ha spegate in un altro modo e papà dice che la Messettini non capisce un cazzo.
Allora come me le spiega papà le capisco per un attimo, ma poi invece non le ho capite. Prima credevo di averle capite, perché quando c’era lui le capivo, ma poi quando lui non c’era, ho capito che non le avevo capite.
La Messettilli ha detto che le divisioni con la virgola o si sanno fare o non si sanno fare.
Io ho detto che a volte si sanno a volte no.
Mi ha dato un altro due. Che era il due del compito di recupero.
Siccome due più due diviso due fa sempre due, alla fine non ho recuperato.


La mamma mi ha dato i fiori di Bach per la concentrazione per la sicurezza per le mani sudate per la memoria. Ma le divisioni con la virgola non mi vengono.