sabato 2 aprile 2016

canto d'amore numero due (di sei)

Queste sono le altre cose, sono quelle che restano. Invece molte altre, con i respiri, un po' per volta, sono andate. 
A furia di respirare. 

Sono i giorni che senti il coraggio dentro in basso che spinge come una spada. 

Così adesso sei qui, nei passi che vanno, avanti e indietro, per il corridoio. Sei nei passaggi di quella che entra apre la finestra lava sposta solleva. Dà un ritmo.
Il contenitore è vuoto, le pareti, tutto.
Ti giri da un'altra parte per continuare a non essere lì. 
Pur di restare.
Non c'è. 
Fuori dentro la finestra. La stanza spoglia.Lui non morto,spento.

Sei lì per restituire qualcosa, per riattivare la circolazione, e per le parole. Le sue parole. Per restituirgli qualcuna delle sue parole.

Per vestirlo. Per soffiargli la vita dentro, di nuovo, l'anima. 
Al solito.

E così ti metti a piegare tutto, maglie maglioni magliette, e di ciascuna dici Questa è buona e La mettiamo qui.

Nell'armadietto metallico. Ogni cosa reca il suo nome. 
Il suo nome su ogni cosa, etichetta, scatola, perché niente si perda più.
Tu non ti arrendi (brandelli di luce a tratti, di lui, a tratti, che ti richiamano dentro). 
A tratti, quello che vedi, ti ricorda.
Fin qua, fino a questo punto come Orfeo, ti sei avventurata nella zona proibita, quella dalla quale non si ritorna, per quello che non si può vedere, che non si dovrebbe vedere. E tu lo vedi e tu lo sai. Gli prendi la mano, la riprendi, lo sollevi in aria, pur di traghettarlo fuori, farlo volare via, restituirlo all' aria. Portarlo in salvo dove tutto è fatto per essere visto con occhi normali. Vestirlo di passi normali, tovaglioli normali, le guglie del duomo, perché no? biglietti del treno.
E' il suo guscio, non ti dà pace.
Il suo garbo antico insiste a batterti il cuore.






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