domenica 30 aprile 2017

pace

A me piace, quando vado in una città, guardare le cose che c'erano già, come certe facciate o certe chiese del cinquecento e pensare: tu eri già qui e ci sarai anche tra un po', dopo. intendendo, che i miei occhi non han potuto perturbarne gli archi le volte o le vetrate e dunque sì, quello starsene ancora lì delle cose molto vecchie. Mi dà pace.

diario

Da mia nonna ci dovevo andare per forza, dato che ha la stufa tutta rotta dentro e le avevo detto non ti preoccupare, chiamo quelli della stufa, che è ancora in garanzia, non ti preoccupare ci penso io che tu sei vecchia e non capisci niente di litigi di stufe e mia nonna invece di dire no, non ti preoccupare, aveva detto sì. poi mi ero dimenticata, poi lei mi aveva fatto telefonare da mia madre che aveva detto la nonna chiede se ti sei poi ricordata della sua stufa. Allora io avevo telefonato a quelli della stufa ed ero già incazzata, per via del complotto, perché noi in famiglia abbiamo questa cosa che viene da mia madre ma anche da mia nonna, che, se una cosa non va come deve andare, è colpa di sicuro o di un fascista, o di un antisemita, o di un facinoroso che ruba cose a noi. E quelli delle stufe avevano rubato a mia madre non so già cosa perché me l'aveva spiegato mia nonna, dicendo, l'ha detto tua madre, chiedi a lei. Mia madre con me non si era ancora la tentata di quelli delle stufe, che già si era presentato l'altro problema, quello della stufa della nonna che si era rotta, ed era per questo, solo per questo motivo ch eri madre si era dimenticata di dirmi che erano gli stessi che le avevano fatto qualcosa con un'altra stufa. perché non ce n'era più bisogno, li potevamo odiare già così, senza rivangare il passato.Allora avevo telefonato e avevo detto Se lei è una persona con una coscienza, avevo anche alzato la voce per far capire di non fare il furbo con me, di non alzare la voce, che lo mettevo subito a posto. Poi quello aveva detto, le mando un tecnico. E, dopo aver chiamato il tecnico che aveva detto tra un'ora sono da lei (intendendo dalla vecchia) io avevo subito chiamato mia nonna per dirle, visto che mi muovo molto solermente, non come la mamma che parla parla ma poi non fa niente per te, perché lei sa solo succhiare, prendere e non dare niente, perché poi alla fine questa cosa della stufa racconta anche che se mia madre avesse voluto avrebbe potuto pensarci lei. E poi avevo preso ed ero andata da mia nonna a farmi fare il caffè, mentre aspettavamo il tecnico dei delinquenti.
e mia nonna comunque con la sua stufa che aveva pulito anche dentro, che da quando ce l'ha, è l'ultima persona che meriterebbe di avere una stufa che si spacca dato che la pulisce tutte le sere con la spugnetta anche tutto dentro intorno, insomma una stufa pulita, stava zitta. Dice: quando arriva gli parli tu. Certo, le dico. E stavo zita ad aspettare che arrivasse il nostro nemico di riflesso.
nel frattempo, le dico, parliamo di qualcosa. Dato che fare conversazione è difficile perché non si sa di cosa parlare allora penso, l'unica è qualcosa di ebraico e olocausto, che la tiene sveglia. Allora le chiedo Ma nonno, tra i suoi della famiglia, possibile che non ha avuto nessuno sterminato nei lager? facendo capire anche una certa insinuazione che quasi non si poteva percepire da fuori, ma che lei ha percepito benissimo dicendo subito Certo.
No, continuo, perché Carola dice che la famiglia di Mary, il padre di Mary che era poi cugino di nonno, lui ha avuto il padre e il fratello sterminati (come dire, cazzo, loro almeno hanno avuto qualcosa) e la nonna dice Anche nonno ha avuto qualcosa eh, adesso lasciamici pensare.
Quindi avevamo la conversazione, potevamo stare lì a fare collegamenti, che è un bene, la tiene allegra e sveglia. Allora, La nonna del nonno che si chiamava Olga, dice la nonna, che era la sorella della mamma del padre di Mary, che infatti la figlia della figlia, Olghina era già scappata ma poi, non so perché, era poi tornata un attimo a casa a prendere qualcosa, e qualcuno del quartiere l'ha denunciato e l'han portata via. Perché davano cinque lire. Allora c'erano ancora le lire. Cinque lire.
Come dire, come vedi anche noi, essendo parenti eravamo dentro quella storia.
Poi mi metto ascrivere la genealogia, anche dei parenti di Genaova che anche loro hanno avuto problemi anche se non sono morti nei campi, ma il padre di Piero che era un Moscato, dice la nonna tutta inarzillita, lui l'avevano arrestato e poi lo avevano torturato per fargli dire dov'erano i fratelli e poi sono arrivati gli americani e l'han rilasciato, però poi è morto a casa il giorno dopo, quindi (sottinteso, vale).
Quindi dico, vale.
Arriva il tecnico della stufa che guarda la stufa e dice: Meglio fare una fotografia, poi si capisce che lui, essendo più un tecnico dei tubi della stufa che della stufa, non può far molto, anche perché poi, da come si comporta si capisce (ci fa capire) che lui di quelli che ci hanno venduto la stufa, pensa male. Non lo dice proprio diretto, ma lo lascia capire da come scuote la testa quando gli facciamo vedere la garanzia. come dire: mmmm chissà cosa si inventeranno questi adesso per non fare la riparazione.
Poi se ne va, portandosi dietro il libretto e la grazia e tutto, per portarli al negozio.
Meno male che mia madre non lo sa, altrimenti sai cosa avrebbe detto: tu sei proprio scema figlia mia, cosa vai a dare la garanzia in mano a quelli che te l'avevo detto che sono ladri, che sono persone che era meglio non fidarsi a dargli in mano la garanzia perché quelli sicuro che non te la restituiscono, potrebbero farla sparire o anche manometterla (come i servizi segreti). ti sei messa nelle mani dei nemici.
ma io l'ho fatto volentieri, per avere anch'io una via di fuga. Per poter dire, sono stati loro, all'occorrenza.


sabato 29 aprile 2017

la decisione


Oggi sono rimasta in macchina, ferma e parcheggiata e non riuscivo ad uscire, ad andarmene, per via di una visione: una ragazza cinese giovane, ma neanche bella, neanche con la pelle di porcellana, no no, una puttana di quelle, aveva spostato lievemente le tendine del centro massaggi cinesi  che sta proprio dirimpetto al parrucchiere doveva sempre Lea a farsi fare i capelli a sei euro, sempre dei cinesi ovviamente, perché i cinesi fanno spesso questo: si mettono uno davanti all'altro, per proteggersi? per guardarsi? sentirsi simili, chennesò. e guardava fuori. Ma poco, per non essere vista neanche da me, che pure ero parcheggiata là per caso e non volevo guardarla, ma non potevo smettere. Perché era come se lei si nascondesse, non volendolo fare, anzi, lei. Non so come dire. Lei guardava, ma non me, più di lato. Anche se lì era chiaro, non c'era nessuno. Lei guardava per guardare. E c'era qualcosa di molto triste, non lo dico perché sono cose che si dicono spesso queste delle puttante, soprattutto cinesi e quasi sempre loro malgrado. Perché una cosa è una cinese che ha in animo di suo di essere puttana apre un'attività, come una che sta all'angolo di via Baretti con via orme a torino che al limite non c'è niente di cui immalinconirsi, è come le altre, sì, magari avrà il cappone ma chi più chi meno, ma questa no. Non stiamo parlando di una che alla fine si è rassegnata, stiamo parlando di una che è, ad ogni evidenza, imprigionata. E io lì davanti a non sapere come toglierle gli occhi di dosso senza liberarla e dimenticarmi di lei e della sua clausura. Che mi immaginavo. Sai quando si dice: Sì sì, fanno pena ma poi gratta gratta stanno meglio di noi. Molto meglio di noi. E si viene a scoprire che è tutta gente ( certo, loro, parlo di loro che sono sempre comunque persone che fanno pena all'inizio ma poi si rivelano gente che gratta gratta sta meglio di noi, come. No so. Gli zingari. Ecco. E i cinesi ovvio. Le puttane cinesi)  Mi chiedevo perché lei si metteva a guardare fuori così, come se avesse nostalgia di un fuori che non trovava più, appena a appena, come se lo sguardo la portasse da un'altra parte e non: sulla strada con le macchine che passavano sotto l'insegna Massaggi rilassanti e le tendine non trasparenti, di quel rosso porpora e i fiori finti con caravelle (sono caravelle, piroghe e quei tipici fiori cinesi che, non fossero di plastica, farebbero odore di morte e cose di quella densità.
Me ne stavo lì, come se dovessi scusarmi con lei, per quella cosa. Per quel suo sporgersi, affacciarsi già così piccolo. Scusarsi con lei per quel essermi accorta di lei così poco.
Siamo vite che se ne vanno subito.









domenica 16 aprile 2017

gesù

a me da piccola piaceva gesù dentro un libro della fondazione s-paolo che mio nonno teneva sul ripiano in alto vicino a una testa pesante e nera posata sopra un piccolo piedistallo, che era una testa di nessuno, un'opera d'arte. questo libro glielo avevano regalato quelli della banca che facevano sempre dei regali così, con le foto di torino vecchie o altre cose che non c'entravano niente. erano dei libri grossi con le figure che stavano in alto. perché mio nonno non leggeva libri d'arte ma solo gialli mondadori e le storie di fantozzi. a me piaceva aprire quel libro grande perché dentro c'erano le fotografie di gesù col sangue. che non era una cosa che si vedeva spesso. anche perché da noi, a casa nostra non c'era gesù. quindi lui stava solo in quel libro e quando lo aprivi sanguinava da tutte quelle ferite. era molto esagerato e grandioso e c'erano dei colori che non si vedevano mai. erano i colori delle chiese.
questo gesù aveva anche facce diverse ma sempre le stesse ferite, una sul petto e sui piedi, dove c'erano i chiodi. e aveva una fronte con le spine conficcate dentro.
questo gesù era non si capisce se vivo o morto, per questo era ancora più bello. io me lo guardavo ma senza dire niente, perché ai nonni non piaceva che si guardassero cose di religione. in genere poi quelle erano cose non per bambini, per via del sangue. ma io lo guardavo facendo finta di sfogliare così, senza dar peso. invece glielo davo, il peso, perché, se dopo tutti questi anni me lo ricordo ancora.

sabato 15 aprile 2017

gesù del libro

a me da piccola piaceva gesù dentro un libro della fondazione s-paolo che mio nonno teneva sul ripiano in alto vicino a una testa pesante e nera posata sopra un piccolo piedistallo, che era una testa di nessuno, un'opera d'arte. questo libro glielo avevano regalato quelli della banca che facevano sempre dei regali così, con le foto di torino vecchie o altre cose che non c'entravano niente. erano dei libri grossi con le figure che stavano in alto. perché mio nonno non leggeva libri d'arte ma solo gialli mondadori e le storie di fantozzi. a me piaceva aprire quel libro grande perché dentro c'erano le fotografie di gesù col sangue. che non era una cosa che si vedeva spesso. anche perché da noi, a casa nostra non c'era gesù. quindi lui stava solo in quel libro e quando lo aprivi sanguinava da tutte quelle ferite. era molto esagerato e grandioso e c'erano dei colori che non si vedevano mai. erano i colori delle chiese.
questo gesù aveva anche facce diverse ma sempre le stesse ferite, una sul petto e sui piedi, dove c'erano i chiodi. e aveva una fronte con le spine conficcate dentro.
questo gesù era non si capisce se vivo o morto, per questo era ancora più bello. io me lo guardavo ma senza dire niente, perché ai nonni non piaceva che si guardassero cose di religione. in genere poi quelle erano cose non per bambini, per via del sangue. ma io lo guardavo facendo finta di sfogliare così, senza dar peso. invece glielo davo, il peso, perché, se dopo tutti questi anni me lo ricordo ancora.

giovedì 13 aprile 2017

la morte e lo scansarla in famiglia

Mia mamma se ne viene con la macchina sotto casa mia
a prendere un cuscino che le ho detto che le davo
telefona che scenda
perché lei figurati se sale
comunque prende il cuscino, glielo passo dal finestrino
se lo mette sul sedile di fianco
tutto sporco di cose di pecore
e poi dice che ha caldo
e poi mettendo il gomito sul finestrino
che è un po' triste perché le hanno telefonato dall'Irlanda per dirle che un suo amico irlandese
ha il cancro al cervello,
e qui ci ricolleghiamo allo sport di famiglia
cominciato da mia nonna con i coloranti dei ghiaccioli
che consiste nel ricollegare tutto a dei nemici da scansare
per non morire,
che in questo caso si addensano nel cellulare
che mia madre dice Io lo tengo spento, adesso.
Certo, penso, figurati. Noi non moriremo,
siamo così previdenti.
Il cellulare. Poi anche altre cose.
Comunque quando sono tornata a casa
ho subito telefonato a Gi per dirgli, lo sai
che un amico di mia madre irlandese gli venuto il cancro (mentre lo dico capisco già che Gi ha capito dove voglio andare a parare) al cervello, è tutta colpa del cellulare quindi non lo usare.
E Gi dice, sì sì, capisco, ho capito quella cosa lì (si capisce che sta in mezzo ad architetti e non può parlare)
Certo. Non ti preoccupare figurati.
Poi quando metto giù penso che mia madre è una stronza, ma non per il cellulare, solo così, un pensiero mio.

mercoledì 12 aprile 2017

info




le porte apriranno alle diciannove
le parole cominceranno a fluire alle diciannove e trenta
interi euro 8
ridotti
oltre i sessantacinque 5 euro
studenti universitari 5 euro
giornalisti accreditati e professori di matematica
euro 6
toelettatori di gatti 6,50 euro
credenti 5 euro
miopi e astigmatici 5 euro
idraulici senza furgoncino 5 euro
idraulici con furgoncino 4 euro
madri di divinità 4 euro
programmatori 5 euro
persone buone 5 euro
palchettisti euro 1
gruisti ingresso libero
voci registrate navigatore satellitare 3 euro
pizzaioli curdi 3 euro
tassisti 5 euro
ginecologi 6 euro
persone lievemente sovrappeso 5 euro
figli non riconosciuti ingresso libero
pasticceri euro 5
parrucchieri da uomo euro 7
parrucchieri donna uomo euro 7
uomini d'affari euro 7
venditori di galline vive al mercato euro 5
a fine serata il poeta si presterà.

Il bus con le persone in piedi



Il bus con le persone in piedi
strette sul loro legamento consumato 
hanno dovuto tutti raccontarsi una storia

hanno dovuto tutti credere alle case e agli alberi al cielo
che scappavano.

E gli alberi sono così fortunati 
ad essere visti danzanti,
le case scivolano via come treni
e abbiamo visto tante di quelle nuvole
balzare in un ricordo.

Se nessuno ci guarda, chi può sapere
che siamo passati proprio quel giorno?
















visione

Spiego tutto cosi La stortura lieve del cervello che non metteva in asse. Giustifico ogni cosa a partire da quel parametro non nella norma, che faceva scuotere la testa che faceva capire che non c'eravamo quasi che no, non c'eravamo. Che faceva dire siamo lontanissimi, sua figlia è sempre altrove. Mentre certi spicchi di sole filtravano dalle persiane e guardavo i fili, i riflessi dei fili, sul pavimento.
Già. Già già. Averlo saputo prima, che era meglio non assecondare. Correggere.
Tutta questa fiducia nella visione, cresciuta brada.

martedì 11 aprile 2017

famiglia

la mamma se ne viene con la macchina sotto casa mia
a prendere un cuscino che le ho detto che le davo
telefona che scenda
perché lei figurati se sale
comunque prende il cuscino, glielo passo dal finestrino
se lo mette sul sedile di fianco
tutto sporco di cose di pecore
e poi dice che ha caldo
e poi mettendo il gomito sul finestrino
che è un po' triste perché le hanno telefonato dall'Irlanda per dirle che un suo amico irlandese
ha il cancro al cervello,
e qui ci ricolleghiamo allo sport di famiglia
cominciato da mia nonna con i coloranti dei ghiaccioli
che consiste nel ricollegare tutto a dei nemici da scansare
per non morire,
che in questo caso si addensano nel cellulare
che mia madre dice Io lo tengo spento, adesso.
Certo, penso, figurati. Noi non moriremo,
siamo così previdenti.
Il cellulare. Poi anche altre cose.
Comunque quando sono tornata a casa
ho subito telefonato a Gi per dirgli, lo sai
che un amico di mia madre irlandese gli venuto il cancro (mentre lo dico capisco già che Gi ha capito dove voglio andare a parare) al cervello, è tutta colpa del cellulare quindi non lo usare.
E Gi dice, sì sì, capisco, ho capito quella cosa lì (si capisce che sta in mezzo ad architetti e non può parlare)
Certo. Non ti preoccupare figurati.
Poi quando metto giù penso che mia madre è una stronza, ma non per il cellulare, solo così, un pensiero mio.

sabato 8 aprile 2017

nostalgia di quel rialzarsi

Nostalgia della nostalgia 
Che avevo nel letto di Milano
A ventitré anni
Del chinarsi di mia bisnonna
Sui fiori 
Nel giardino di mia nonna
Col foulard come lo chiamava lei
Quel l'odore di crema per le mani
Glicemille
Quella nostalgia che avevo a ventiquattro anni per la lontananza
Di qualcosa che era solo lontana
Che adesso ho per tutto
Quello che è perduto nell'indietro
Del non esserci più
Della nostalgia stessa,
Di Milano, del letto, e l'inchino
Del vuoto che prende posto
Il deserto che avanza
Il silenzio, al posto delle voci
Di me e di mio fratello che giochiamo fuori,
Del fuori,
L'erba che cresceva verde
Più verde
Del verde che vedono gli occhi per la prima volta
Delle certezze di certe cose che succedono sempre, si ripetono, si ripetono fino al silenzio
Poi non si ripetono più
Smettono
Del tornare all'esterno delle cose
Nel letto di Milano
Quando la nostalgia era ancora un foulard e poche altre polaroid
Un contenuto semplice
Un fardello piccolo
Portabile
Lo sbattere degli occhi
Reversibile
La nostalgia di quell'alzarsi
Portarsi dietro tutte le cose ancora non diventate
Niente.

sabato 1 aprile 2017

la gatta e la gattina

N ha sempre avuto cani e gatti. Poi, invecchiando, solo gatti. I cani sono un impegno. Per un periodo ha detto: non voglio più animali, sono troppo vecchia per gli animali. Poi c'erano due gatte, una mamma e una figlia. La mamma aveva appena partorito ed era selvatica.
N ha detto: porto loro da mangiare fuori, ho messo una cuccia, perché stiano riparate. Ma in casa non le voglio.
La mamma gatta era la più selvatica, per sterilizzarla le hanno teso una trappola: una cuccia con le sbarre che si richiudono. Attirata dall'odore di una buona polpetta di carne la gatta era entrata e zac. Niente più gattini. Non si aggiungeranno nuove sofferenze alla sofferenze di questa terra.
Quando la gatta si è svegliata, era ancora più selvatica di prima.
Le lascio da mangiare fuori dalla porta, ha detto N, ma a entrare non si fida.
La figlia invece adesso vive in casa. N dalle cinque della sera non vuole visite, perché ha paura che, aprendo la porta, le esca la gatta. Che lei chiama la gattina, anche se ormai è una vera gatta. La gatta è sempre la madre, la gattina, sempre la figlia. La gattina non è in discussione. Per un po' N aveva creduto  di non volere più gatti, ma poi, insomma, cosa doveva fare? lasciarle morire di freddo e fame?
Dice che la gatta è stata di qualcuno che morto e lei è rimasta così, sola.
Queste gatte vivono in questo modo, la madre fuori, selvatica, la figlia dentro, gatta di casa. 
Non giocano, si guardano appena. Quando la gatta, diffidente, si avvicina al piattino accanto alla porta, la figlia, se può, le ruba il cibo. Non si ricorda, dice N. O forse è normale così.
N tutte le volte dice che animali non ne vuole, perché vuole essere libera. Libera di viaggiare. Magari mi piacerebbe vedere Milano, una volta. Ma poi, Milano. 
A volte, di notte, se ci sono i tuoni, N si sveglia, va alla finestra a vedere dov'è la gatta, se è riparata. 
Ha paura del temporale.
N, se vede la gatta, torna a letto. Se non la vede, si mette a mettere a posto qualcosa, le carte, piegare tovaglioli. Finché il temporale non è finito.
La gattina sul letto, aspetta.