QUI C'È DISORDINE. NON È UN'IMPRESSIONE. È PROPRIO COSì.
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sabato 23 settembre 2017
la più arresa
una cosa su cui ho riflettuto in questi giorni è che il più delle volte dire che una determinata cosa è buona anche se fa schifo, fa sì che in seguito risulti meno scandaloso sostenere, parlandone, che sia stata buona anche quando oggettivamente tutti ricordano quanto fosse schifosa e scadente, perché tutti, sia chi lo sosteneva che chi la recepiva, si saranno in qualche modo assuefatti all'idea che ciò che accade si dimentica e che quello che resta di ciò che accade è la sua rappresentazione. Se la rappresentazione è subito mistificata (per ragioni varie, dalla convenienza al quieto vivere) quasi nessuno avrà la voglia e le energia di mettersi a sostenere che la tal cosa, tanto osannata, era a tutti gli effetti una vera merda e che la sua rappresentazione non rappresenta affatto ciò che millanta di rappresentare. Perché in fondo, anche per dire e dirsi la verità, ci vuole una motivazione forte; se questa motivazione forte non c'è, ad un certo punto tutti si adagiano su una versione dei fatti che è la più confortevole e, nel contempo, la più arresa, la più rassegnata.
venerdì 4 agosto 2017
il mondo dei cani
i padroni sanno tutto
parlano e dicono quello che sanno del loro cane e degli altri, anche del tuo.
tengono il guinzaglio attorno al collo. Se il guinzaglio è consumato, significa che hanno molta esperienza.
Al parchetto dei cani ci sono le amicizie, le simpatie, le antipatie.
Certi cani sono molto aggressivi, gratta gratta, viene fuori che il padrone è uno stronzo.Al parchetto, se becchi lo stronzo, devi andare via, perché lo stronzo vuole tutto il pacchetto per i suoi cani, che non vanno d'accordo con nessun cane perché sono molto aggressivi. Io te l'ho detto, dice il padrone stronzo, come dire: ti ho avvisato. Come dire: ti ho minacciato.
I cani che vanno d'accordo tra loro vanno coltivati, bisogna impararne il nome, per compiacere i padroni.
I padroni dei cani che vanno d'accordo col tuo, vanno gratificati e con loro bisogna istituire un rapporto di solidarietà, e di alleanza. Contro i padroni dei cani che non vanno d'accordo col tuo.
Per il padrone il suo cane è santo.
Quasi sempre i padroni dei cani parlano male dei padroni dei cani che non vanno d'accordo col loro cane.
I padroni dei cani conoscono i cani degli altri padroni dei cani che vanno d'accordo con il loro e li chiamano per nome. Conoscono il nome dei cani che vanno d'accordo col loro cane e il nome del padrone dei cani che vanno d'accordo con loro.
Fanno alleanze.
I padroni dei cani, se vedono un cane di razza meticcia, subito cercano di indovinare che cane è: Ha del labrador, ha del pastore tedesco. Non si rassegnano, vogliono indovinare.
I padroni dei cani hanno le loro teorie che non vanno né contestate né messe in discussione perché sono come delle religioni.
parlano e dicono quello che sanno del loro cane e degli altri, anche del tuo.
tengono il guinzaglio attorno al collo. Se il guinzaglio è consumato, significa che hanno molta esperienza.
Al parchetto dei cani ci sono le amicizie, le simpatie, le antipatie.
Certi cani sono molto aggressivi, gratta gratta, viene fuori che il padrone è uno stronzo.Al parchetto, se becchi lo stronzo, devi andare via, perché lo stronzo vuole tutto il pacchetto per i suoi cani, che non vanno d'accordo con nessun cane perché sono molto aggressivi. Io te l'ho detto, dice il padrone stronzo, come dire: ti ho avvisato. Come dire: ti ho minacciato.
I cani che vanno d'accordo tra loro vanno coltivati, bisogna impararne il nome, per compiacere i padroni.
I padroni dei cani che vanno d'accordo col tuo, vanno gratificati e con loro bisogna istituire un rapporto di solidarietà, e di alleanza. Contro i padroni dei cani che non vanno d'accordo col tuo.
Per il padrone il suo cane è santo.
Quasi sempre i padroni dei cani parlano male dei padroni dei cani che non vanno d'accordo col loro cane.
I padroni dei cani conoscono i cani degli altri padroni dei cani che vanno d'accordo con il loro e li chiamano per nome. Conoscono il nome dei cani che vanno d'accordo col loro cane e il nome del padrone dei cani che vanno d'accordo con loro.
Fanno alleanze.
I padroni dei cani, se vedono un cane di razza meticcia, subito cercano di indovinare che cane è: Ha del labrador, ha del pastore tedesco. Non si rassegnano, vogliono indovinare.
I padroni dei cani hanno le loro teorie che non vanno né contestate né messe in discussione perché sono come delle religioni.
febbre (prose brevi)
me li hai fatti vedere dalla porta, sollevando il mazzo come una vittoria allegra, distante. I malati non gli odori intensi.
Non so cosa sia accaduto poi, quando non c'ero.
Mentre non ci sono stata.
Ieri il sole era caldo ma non mi hai portata fuori.
La stanza era scura, ti ho detto, sentivo i fischi delle navi, i libri sul letto mi hanno tenuto compagnia.
Conosco il tempo che impieghi a tornare dal lavoro
ma non so cosa fai là dentro, mentre dormo insonne.
Quando rincasi sei ancora lo stesso, il riso ha il solito sapore buono, di attesa appagata. La luce bagna il tavolo di cucina con le sue strisce sottili. Versi due bicchieri d'acqua
Da quanto tempo, non beviamo vino?
Domani - mi dici uscendo, domani facciamo l'amore - tieniti pronta.
Io cammino, per la prima volta e la sveglia, sul comodino, segna le sette, di sera - respiro, c'è il vento e guardo i tetti. Aspetto.
(2006|2017)
mercoledì 19 luglio 2017
diario del viaggio di nozze
allora mi ero vergognata.
la vipera si era intrufolata nel gradino della casa, era andata ancora più dentro. dopo non l'ho più vista, ma sapere che c'era mi metteva in agitazione. non volevo che si ricordasse che volevo valutarle la testa.
elefante
oggi sono andata a parlare coi fisici, per imparare delle cose sul tempo che dove non succede qualcosa non esiste. questa cosa sul tempo e anche altre. a me piace molto sentirli parlare in quel loro modo enorme e normale di buchi neri sparpagliati per la galassie, e noi, che esistiamo nell'unico universo alla nostra portata, nell'unico universo che siamo in grado di comprendere, di concepire, tra tutti gli universi possibili. eppure, ancora, non lo capiamo, perché non abbiamo fantasia. una divinità che si manifesta in forma animale, che quando la osservi è un elefante, per esempio, poi la esservi di nuovo, per vedere di che colore è, vedi il colore, blu, per esempio, ma poi, visto il blu, ti ridiventa tutti gli animali possibili e niente più elefante. la osservi di nuovo e va bene. elefante, sei contento, scrivi elefante, la osservi un'altra volta, ancora elefante, guardi il colore, bianco, ma non è più elefante. è ridiventata tutti gli animali. non si sa perché. non si capisce. eppure è così. se la osservi per sapere una cosa, va bene, se la osservi per saperne due, niente, devi ricominciare da capo. animale, tutti gli animali. è una divinità fatta così. e io li ringrazio tantissimo. poi, quando me ne vado, loro restano in quel tempo, io prendo la macchina e, per un po', credo che la vita sia piccola e splendente.
sabato 15 luglio 2017
a E
venerdì 14 luglio 2017
la barca
D quasi un giorno sì e uno no, mi mandava una barca fotografata, voleva che gli dessi il mio parere, sapere se, secondo me, andava bene per andarci a vivere. Io gli dicevo, Sì, però ti devi prendere il coso, quello per imparare a navigare. Lui diceva, Quello poi si prende, è un problema secondario. Invece secondo me non era secondario, ma lasciamo stare. All'inizio io ci credevo, a questa cosa dei barconi, poi è diventata talmente una cosa simbolica, che si è capito che scegliere la barca per andarci a vivere, non era per andarci a vivere, era più per sopravvivere. Allora non gli ho più detto niente, del brevetto. Ho cominciato ad occuparmi solo della bellezza delle barche, che più erano vecchie e scalcinate e più erano belle. Una era bellissima. Costava neanche quattordicimila euro. Forse non navigava perché aveva dei buchi nella chiglia. Era rossa. Era in portogallo. E io, appena l'ho vista ho detto Questa. Poi ne sono venute altre (me ne ha spedite centinaia) ma quella era la più bella. la più salvifica. Adesso D si è comprato una casa, con le zampe, intendo, una casa che sta appoggiata alla terra, quindi niente acqua, niente barconi, niente mare. Ha messo radici. Qualche volta però, raramente, quando sono troppo triste al telefono, mi manda un'altra barca, ma io penso sempre a quella là, dico, niente, io amerò sempre quella portoghese rossa. Quella, dice D, non si può. Richiede troppa manutenzione. Lo dice serio, non scherza, perché, anche nei sogni, bisogna pensare al futuro.
mercoledì 28 giugno 2017
sul finire e aquile e cocorite
Si anche molto discusso, questa mattina, sul problema se un'aquila e una cocorita comunichino tra loro come un uomo con un cane, o un po' di più. (dato che hanno le ali, pensavo).
lunedì 26 giugno 2017
facevano finta
I grandi si fermavano, facevano finta di comprare, facevano finta di assaggiare.
venerdì 23 giugno 2017
Poi
successivamente vennero: le fiere. lui strisciava. le fiere strisciavano. lui s'arrestava. le fiere respiravano. quando le fiere uscirono, lui tornò alle cose di tutti i giorni, con la borsa in mano a camminare e le telefonate. telefonava molto.
mercoledì 21 giugno 2017
atti unici incompiuti
Buongiorno.
Non ti avevo perso allora. eri solo nell'altra stanza.
Ma tu lo sapevi? questa è la settimana degli atti unici incompiuti.
La foto te la metto qui cosi poi la guardate. La poso qui insieme alle altre.
Tu da che parrucchiere vai? che bella tinta.
A furia di ascoltare la radio mi viene da pensare che belli quei tempi quando la fiat la metteva in culo agli operari. almeno li considerava persone umane, con un culo.
Sai, c'e'un tipo di donna alto, con pantaloni stretti e fianchi un po' grossi, orecchini d' oro e un modo di gesticolare che lascia indovinare un marito ricco, dietro, professionista affermato; un tipo di donna sulla sessantina, molto curata, ben tenuta, che va dall'osteopata, che si occupa di fiori ma potrebbe tranquillamente anche allevare maremmani o adottare bimbi a distanza o fare per un po', perché no, un lavoro creativo. L'arredatrice? - che mi fa sentire subito la voglia di correrre ad abbracciare mia nonna.
domenica 18 giugno 2017
materiali pecora e nonna
e finalmente, a settant'anni, hai deciso che con tuo figlio volevi essere un po' più equa. Avrei dovuto farti l'elenco delle tue mancanze, una lista, delle cose che mio fratello non fa che ripetere come un mantra da quasi cinquant'anni, ma me ne veniva in mente solo una: tu, che lo pigliavi a calci, lo inseguivi per il soggiorno, fino in corridoio, lo facevi saltellare come un grillo. Non ricordo il perché di quella punizione, a quale domanda non avesse risposto nel modo giusto, o quale silenzio omertoso ti avesse esasperata. Era quasi sempre silenzio. Forse lui non ricorda neppure quel giorno. Ma io sì, perché me ne ero vergognata. Perché a me non succedeva, non mi picchiavi mai così, non mi picchiavi.
Non che non avessi i tuoi metodi per punire anche me, ma erano meno evidenti, più sottili. Non mi picchiavi.
Adesso io ti sento sinceramente dispiaciuta, ma questo dispiacere, tempo sia anche questo un vezzo. Una tradizione. Qualcosa che doveva arrivare, prima o poi, per rendere tutto più presentabile, meno barbaro.
Io ho visto, io ho assistito al compiersi di tante ingiustizie, e non ho detto niente. Non ho detto niente perché non mi conveniva, e perché non serviva a niente. Ho commesso un grave errore, avrei dovuto comunque provare. Ma mio fratello è stato sempre un fratello difficile da difendere. Era messo in una posizione troppo sbagliata. Non si voleva riposizionare.
E' stata mia la colpa, se tutto questo non ha avuto un limite.
anche la nonna è stata brava a rimettere mio fratello al suo posto, che era il posto di nessuno. Il posto di chi non ha diritti e deve solo ringraziare di non essere stato abbandonato di nuovo. La nonna, con tutta la sua bontà, è sempre stata crudele con lui. Perché non ha mai usato della dolcezza.
del resto la dolcezza nella nostra famiglia nessuno sapeva cosa fosse.
Non che non avessi i tuoi metodi per punire anche me, ma erano meno evidenti, più sottili. Non mi picchiavi.
Adesso io ti sento sinceramente dispiaciuta, ma questo dispiacere, tempo sia anche questo un vezzo. Una tradizione. Qualcosa che doveva arrivare, prima o poi, per rendere tutto più presentabile, meno barbaro.
Io ho visto, io ho assistito al compiersi di tante ingiustizie, e non ho detto niente. Non ho detto niente perché non mi conveniva, e perché non serviva a niente. Ho commesso un grave errore, avrei dovuto comunque provare. Ma mio fratello è stato sempre un fratello difficile da difendere. Era messo in una posizione troppo sbagliata. Non si voleva riposizionare.
E' stata mia la colpa, se tutto questo non ha avuto un limite.
anche la nonna è stata brava a rimettere mio fratello al suo posto, che era il posto di nessuno. Il posto di chi non ha diritti e deve solo ringraziare di non essere stato abbandonato di nuovo. La nonna, con tutta la sua bontà, è sempre stata crudele con lui. Perché non ha mai usato della dolcezza.
del resto la dolcezza nella nostra famiglia nessuno sapeva cosa fosse.
tu la ballerina non la farai mai
Da piccola volevo fare la ballerina. Perché perché perché nessuno mi diceva Ascolta, tu la ballerina non la farai mai, ma non prendertela, se fai schifo, sei scoordinata, sei impedita, e non hai il fisico non è colpa tua, è dio che ti ha creata cosi, invece che come Carla Fracci, perché forse voleva che tu facessi la panettiera, o riparassi i cavi della luce, o rastrellassi le spiagge verso le nove di sera, non c'è niente di male a essere impediti, anche Einstein (si dice sempre qualcosa su Einstein bambino, quando si vuol tirare su il morale) non sapeva fare la spaccata, e guarda poi, cos'è diventato.
Invece niente, mi hanno lasciata illudere tanti di quegli anni, che pena provo per quella me in calzamaglina, che si guarda allo specchio a tutta parete e pensa: Sono come le altre, quando siamo ferme.
sabato 17 giugno 2017
Per non tornare
macchie sul soffitto attestano fragilità d'intonaco. predizioni di alte perdite, dolenti concrezioni. cammino per non tornare a casa, per non trovarci più.
venerdì 16 giugno 2017
Pazzia
pazzia
oggi mi ero arrabbiata ed ero diventata pazza perché urlavo che mi sembrava di essere stufa di essere sempre io a cucinare lavare i piatti stirare e stendere e pulire per terra e anche dietro la lavatrice, ma poi mi hanno fatto ragionare che non era vero.
oggi mi ero arrabbiata ed ero diventata pazza perché urlavo che mi sembrava di essere stufa di essere sempre io a cucinare lavare i piatti stirare e stendere e pulire per terra e anche dietro la lavatrice, ma poi mi hanno fatto ragionare che non era vero.
mercoledì 14 giugno 2017
Reimparare
La bocca, bisognerebbe aprirla per dire cose buone. Per dire Buongiorno, che bei capelli lisci che ha, molto lisci e pettinati bene, davvero.
Alla passante.
Bisognerebbe imparare, reimparare, a percepire con un po' di stupore, la grazia altrui.
Alla passante.
Bisognerebbe imparare, reimparare, a percepire con un po' di stupore, la grazia altrui.
Differenza
la dedizione deve passare inosservata
in caso contrario
è la sua stessa natura a subire un cambiamento.
La differenza tra fotografare una persona mentre è sorridente
o una che sorride, apposta, per farsi fotografare.
in caso contrario
è la sua stessa natura a subire un cambiamento.
La differenza tra fotografare una persona mentre è sorridente
o una che sorride, apposta, per farsi fotografare.
lunedì 12 giugno 2017
La grazia altrui
La bocca, bisognerebbe aprirla per dire cose buone. Per dire Buongiorno, che bei capelli lisci che ha, molto lisci e pettinati bene, davvero.
Alla passante.
Bisognerebbe imparare, reimparare, a percepire con un po' di stupore, la grazia altrui.
Alla passante.
Bisognerebbe imparare, reimparare, a percepire con un po' di stupore, la grazia altrui.
venerdì 9 giugno 2017
invece
Mi dici vado e torno, ed esci. Poi torni. Poi siamo qui e io ancora, che mi perdo in un bicchiere d'acqua,
Stipo le cose nei posti e, per essere felice, sono felice, come vorrei, o di più. Tu prendi la vita, le cose grandi
le metti tutte insieme, e non hai mai paura. Ma io, la mia paura delle cose tutte insieme di perderle tutte, sì.
Il mio posto qui, sarebbe dove ti aspetto con un fiore, per esempio. O per esempio con una cattiveria
o un'idea, o un silenzio rapace, o a volte anche niente.
Quando mi sveglio siamo di nuovo lì ad aspettare il tempo. Arrivata l’ora di alzarsi, io cerco sempre di fare bene, seguendo le prescrizioni, come dicono di farle, le cose, bene, per non essere notati.
Se camminiamo in mezzo alla gente, qualcuno sempre ci dice dietro Quelli non sono.
Invece.
mercoledì 7 giugno 2017
Tubi
una volta avevo molta fiducia nei tubi. Un'estate ho infilato il pollice in un tubo di ferro rosso di un mancorrente di una rampa di garage, e dentro il tubo c'era una vespa, che prima mi ha fatto un po' di solletico al dito, poi mi ha punto. Ci sono rimasta molto male, quasi offesa, che la mia amicizia per i tubi fosse stata tradita così. Da allora, saranno una quarantina d'anni, non mi è mai più venuta alcuna voglia di infilare un dito in nessun tubo, e anche i tubi, non solo quelli rossi, tutti, non mi destano più alcun interesse. Era primavera.
domenica 4 giugno 2017
non è successo niente
Non è successo niente, alla fine. Alla fine non era
niente. Ma per un momento tutto è diventato come l’avevamo visto solo in
televisione, Bataclan, charly hebdò, queste cose, che succedono sempre in altri
altri posti.
Io, che ci fosse la partita della juventus, l’ho saputo
solo in piazza vittorio. Non seguo il calcio e non amo i chiassosi, gli
strombazzanti, gli sbandieranti e gli urlanti, neanche a fin di bene.
Sono problemi miei,mie turbe ancestrali, non amo le
folle e, se posso, le evito. Però, se per andare al cinema, devo passarci in
mezzo, non ne faccio un dramma. passo.
E il film era bello.
Poi siamo fuori dal cinema tutti contenti, ci
diciamo Beh, allora adesso andiamo a mangiarci una pizza al padellino. Così cominciamo
a camminare verso la pizzeria e superiamo un bivacco di tifosi seduti per terra
(sul marciapiede e sulla strada) a
guardare la partita, e a quel punto non so, forse perché seduti, forse perché
la juventus sta perdendo e hanno perso la loro baldanza strombazzatrice, forse
perché hanno l’aria di persone umane sedute una accanto all’altra e non di una
massa, ecco, mi sembrano simpatici. Ci passiamo in mezzo, scavalchiamo e chiediamo
scusa, scusi, pardon e arriviamo in via Po.
Visto, dice Gi, che sono anche carini, potrebbero
starsene a casa propria a guardare la partita, e invece sono tutti qui, seduti
così, è bello no?
sì, dico, voltandomi a guardarli, è vero, hai
proprio ragione.
Poi ai mondiali, dice Gi, ci veniamo anche noi qui
a guardare la partita seduti in strada.
Sì sì, dico, pensando No no, ma poi c’è tempo.
e andava tutto bene, e non c’era nessun problema,
ed eravamo contenti di aver visto un bellissimo film e che dopo ci fosse concordata
anche quella cosa della pizza al padellino, che era un’ulteriore riprova del
fatto che la vita è piena di cose belle e poetiche e di film belli e e di gente che alla fine è disposta a starsene
seduta a terra per godersi una sconfitta calcistica in compagnia.
Il migliore dei mondi possibili.
Camminiamo mano nella mano, un po’ romantici, commentiamo
il film, diciamo Che bello eh, il dialogo con la madre, che bello il momento
dello scivolo, quando fuori piove e loro sono lì, rintanati, e che bello quando
i due si parlano mentre il figlio è uscito a cercare i biglietti della lotteria
e tutt’e due guardano in direzione sua, che è la stessa del pubblico, come se
il figlio fosse oltre lo schermo e mentre parliamo all’improvviso sentiamo un
rumore di mandria.
una mandria come quelle dei documentari sulle
gazzelle o sui bufali, che galoppa rincorsa da un predatore affamatissimo e
scaltro. una mandria spaventata, impazzita, che vuole solo salvarsi la vita.
Come tutte le mandrie fa rumore di mandria, che è
rumore del respiro della mandria e del suo correre, del suo scappare, che non è
solo un correre ma un correre via da qualcosa per andare il più velocemete
possibile da un’altra parte che non si sa quale sia, in cerca di salvezza.
Il tentativo di salvarsi, fa quel rumore lì, scomposto,
ansimante, caotico e insieme ordinato, corale. uno spasmo, una tensione di
branco.
E noi, che NON VENIAMO da quella piazza, CHE NON
SAPPIAMO cosa sia accaduto, essendo cospecifici di quella mandria, NE AVVERTIAMO
la spinta, NE ANNUSIAMO il terrore.
Questa parola, terrore, è, per ora, una parola come
le altre. Non è ancora stata usata in altro modo, da noi. Certo, l’abbiamo
letta, l’abbiamo ascoltata, l’abbiamo anche pronunciata, ma sempre così, come
una parola e basta. Adesso invece, quella parola, è come se fosse entrata più
in profondità, come se l’avessimo inspirata
e ci avesse avvelenato.
Questa mandria, che corre tutta in una stessa
direzione, ci investe, non solo fisicamente, anche istintualmente. Ci dice col
corpo: da qualche parte, presumibilmente quella da cui stiamo fuggendo, sta
accadendo, è accaduta, accadrà, qualcosa di molto, molto pericoloso.
E allora corriamo. diventiamo mandria, diventiamo
parte di quel corpo spaventato che si muove e spinge e muove l’aria, in cerca
della propria salvezza.
Ma non sappiamo il perché. Né, più di tanto, ce lo
chiediamo. Siamo appunto, in questo momento, soprattutto, quasi interamente,
animali.
la fuga poi, è fuga, anche quando il pericolo non
esiste. Non ha corpo né consistenza.
Da cosa fugge questa mandria. Da cosa fuggiamo noi,
che siamo IN questa mandria?
Soltanto un attimo prima ero un individuo,ero in
grado di valutare questo e quello, di avere un’opinione sulle cose, sui fatti,
sul mondo, e anche (lo ammetto) sui tifosi di calcio; adesso sono solo parte di
un organismo e non c’è più da pensare, c’è da correre, c’è da non cadere, c’è
da cercare un posto in cui riparare. Un bar? un ristorante?
Bar, ristoranti che fino a un attimo prima erano
solo vetrine con gente seduta, tavolini con candele, vini d’annata o birre, adesso
sono ripari, zone in cui entrare per cercare protezione.
Strano registrare adesso, come una cosa, un luogo,
possa trasfigurare a seconda della realtà in cui è immerso.
Come diventa all’improvviso strana, una pizzeria,
se la gente che la popola non è più, per la maggioranza, lì per mangiare la
pizza ma per salvarsi la vita.
E poi,neppure questo è vero.
Perché in effetti, la vita di nessuno lì, era in
pericolo, nè lo era mai stata.
Noi eravamo dentro un organismo impazzito e ne
facevao parte, ma fuori, a vederci da fuori, a poterci vedere come un piccione che
vola su quelle strade diretto al fiume, niente. Non sta succedendo niente.
La paura che possiede questa massa, è (l’ho scoprirò
più tardi) una paura senza ragione. Ma che differenza fa, che sia immotivata,in
questo momento? Genera comunque conseguenze.
In me ha generato conseguenze, ma sono sicura che
la stesso sia stato per tutti quelli che ho incontrato. Gente che, appunto, non
riuscendo più ad interpretare la realtà, chiama qualcuno al telefono, altrove,
esortandolo ad accendere la televisione, chiedendogli: Cosa dicono che ci sta
succedendo?
Noi eravamo in un posto, terrorizzati, e aspettavamo
che qualcuno ci spiegasse cosa stava succedendo.
il terrore, fa perdere la testa.
E il terrore non si genera più soltanto con gli
spari. Il terrore può essere un riflesso condizionato.
condizionato. condizionato. condizionato.
mi sto ripetendo?
Lorenz, parlando delle sue oche, in un libro che
era un po’ la bibbia di mia mamma, diceva che lui aveva condizionato le oche a
seguirlo perché gli faceva da mamma. oppure che aveva convinto questa o quella
oca a fare determinate cose perché faceva un suono, uno schiocco, al quale poi
corrispondeva (per chi lo seguiva) un premio.
in altri casi poi, il condizionamento poteva anche
essere negativo, tipo: Se fai questo ti becchi un calcio in culo, o: se non fai
questo, non ti voglio più bene.
cose così.
condizionamenti ce ne sono tanti, e alcuni anche a
fin di bene.
il problema è però, appunto,la relatività del bene.
se io penso che una cosa sia bene, come ad esempio
non fare pipì sul pavimento di casa, quasi tutti sono d’accordo. il cane piscia,
lo condiziono, e tutti sono contenti. Alla fine, anche il cane.
Se hai le mani sporche e tua madre o tuo padre ti
hanno convinto che se mangi con le mani sporche prima o poi ti verrà il tifo o
il colera, ad un certo punto della tua vita tu non ti siederai più a tavola senza
esserti lavato le mani, e sarai salvo.
ma sei condizionato.
il terrore è un ottimo condizionante. è rapido e
funziona anche in assenza del proprio principio attivo.
Perché, una volta sperimentato, condiziona a lungo.
Ma noi che ieri eravamo quella mandria spaventata
dai fantasmi, non eravamo pazzi. eravamo il prodotto di un condizionalìmento.
come i cani, come le oche, come i soldati, come chi, vedendo un rom, si mette
una mano sulla borsa o sulla tasca. Niente di male, sono condizionamenti.
Fa parte del gioco.
Ecco.
Se domani mi dicessero: vieni a un concerto in
piazza, gratis, c’è Dylan, c’è Springsteeng, c’è De Andrè resuscitato; io vorrei
di certo, ma non so se avrei il coraggio di andarci.
Perché sono condizionata.
Forse la mia voglia individuale sarebbe schiacciata
dal mio condizionamento e lascerebbe perdere, lascerebbe direbbe: magari un’altra
volta e un’altra volta, direbbe lo stesso.
Peccato perché un concerto di un resuscitato non
capita tutte le sere.
mercoledì 31 maggio 2017
quando siamo ferme
Invece niente, mi hanno lasciata illudere tanti di quegli anni, che pena provo per quella me in calzamaglina, che si guarda allo specchio a tutta parete e pensa: Sono come le altre, quando siamo ferme.
come fanno?
domenica 28 maggio 2017
non si potrebbe
Sta notte a Chieri c'era un vento come nelle fiabe nella foresta, fischiava e faceva tremare le cose facendo sentire che il cielo in un attimo fa quello che vuole delle cose appoggiate sul manto terrestre come noi. Non è che avessi paura. Non dormivo e basta. E pensavo agli uomini primitivi nelle grotte, che sentivano il vento di notte e forse si stringevano gli uni agli altri essendo ancora pelosi per tenersi caldi, e non aver paura.
Poi stamattina era di nuovo tutto zitto, come non fosse successo niente. Penso che sia per abituarci, poco alla volta, a qualcosa che tutta insieme non si potrebbe.
Poi stamattina era di nuovo tutto zitto, come non fosse successo niente. Penso che sia per abituarci, poco alla volta, a qualcosa che tutta insieme non si potrebbe.
giovedì 18 maggio 2017
niente capelli lavati
martedì 16 maggio 2017
innovative|intelligenti
una cosa che ho notato è che molto spesso, quelli che dicono delle cose molto innovative e intelligenti, che sulle prime ti sembra che cambino di molto il punto di vista e lo rivoluzionino addirittura, in senso poetico e antropologico e politico ed esistenziale, niente, dopo un po' diventano patetici, perché appena si accorgono di avere come dire, fatto un certo effetto, si dimenticano di essere stati ad un certo punto della loro vita in una posizione scomoda (che era la posizione giusta, privilegiata, dalla quale riuscivano a vedere quello che vedevano e che quasi nessun altro riusciva a vedere ) e si mettono comodi, ingrassano, parlano a voce più alta, e cominciano anche a capire che ci possono tirar su qualcosa, da quelle loro intuizioni, e addirittura guadagnare qualcosa. e allora, nella loro comodità, cominciano a diventare così ripetitivi e autoreferenziali e noiosi, che quasi era meglio se non rivoluzionavano niente poeticamente, e lasciavano tutto com'era, che alla fine non faceva molta differenza e non illudevano nessuno.
domenica 14 maggio 2017
Il limone
Il limone era morto per colpa mia, anche se dicevamo a tutti che era stato il freddo, il freddo era colpa mia. Perché tante altre volte si diceva che il limone lì sarebbe stato bene ma non era vero, che il limone lì era abbastanza al sicuro, ma non era vero. Tutte balle che si raccontano quando si vuole a tutti i costi far finta di niente, come facevo io quando dicevo che il limone era solo un po' secco sulle foglie ma le radici stavano bene. E tu, per non dirmelo, ci credevi, e solo dopo, quando ormai era irrimediabile, alla vista, abbiamo detto Peccato, che il limone era come se se ne fosse voluto andare da solo, abbiamo detto Peccato.
mercoledì 3 maggio 2017
koan
dove vanno tutte le cose
quando sfiorano il dove
per cui sono nate
e gridano: primo libera tutti!
l' istante prima di assopirsi
nel nulla del cui il nulla
le ha destate?
domenica 30 aprile 2017
pace
A me piace, quando vado in una città, guardare le cose che c'erano già, come certe facciate o certe chiese del cinquecento e pensare: tu eri già qui e ci sarai anche tra un po', dopo. intendendo, che i miei occhi non han potuto perturbarne gli archi le volte o le vetrate e dunque sì, quello starsene ancora lì delle cose molto vecchie. Mi dà pace.
diario
Da mia nonna ci dovevo andare per forza, dato che ha la stufa tutta rotta dentro e le avevo detto non ti preoccupare, chiamo quelli della stufa, che è ancora in garanzia, non ti preoccupare ci penso io che tu sei vecchia e non capisci niente di litigi di stufe e mia nonna invece di dire no, non ti preoccupare, aveva detto sì. poi mi ero dimenticata, poi lei mi aveva fatto telefonare da mia madre che aveva detto la nonna chiede se ti sei poi ricordata della sua stufa. Allora io avevo telefonato a quelli della stufa ed ero già incazzata, per via del complotto, perché noi in famiglia abbiamo questa cosa che viene da mia madre ma anche da mia nonna, che, se una cosa non va come deve andare, è colpa di sicuro o di un fascista, o di un antisemita, o di un facinoroso che ruba cose a noi. E quelli delle stufe avevano rubato a mia madre non so già cosa perché me l'aveva spiegato mia nonna, dicendo, l'ha detto tua madre, chiedi a lei. Mia madre con me non si era ancora la tentata di quelli delle stufe, che già si era presentato l'altro problema, quello della stufa della nonna che si era rotta, ed era per questo, solo per questo motivo ch eri madre si era dimenticata di dirmi che erano gli stessi che le avevano fatto qualcosa con un'altra stufa. perché non ce n'era più bisogno, li potevamo odiare già così, senza rivangare il passato.Allora avevo telefonato e avevo detto Se lei è una persona con una coscienza, avevo anche alzato la voce per far capire di non fare il furbo con me, di non alzare la voce, che lo mettevo subito a posto. Poi quello aveva detto, le mando un tecnico. E, dopo aver chiamato il tecnico che aveva detto tra un'ora sono da lei (intendendo dalla vecchia) io avevo subito chiamato mia nonna per dirle, visto che mi muovo molto solermente, non come la mamma che parla parla ma poi non fa niente per te, perché lei sa solo succhiare, prendere e non dare niente, perché poi alla fine questa cosa della stufa racconta anche che se mia madre avesse voluto avrebbe potuto pensarci lei. E poi avevo preso ed ero andata da mia nonna a farmi fare il caffè, mentre aspettavamo il tecnico dei delinquenti.
e mia nonna comunque con la sua stufa che aveva pulito anche dentro, che da quando ce l'ha, è l'ultima persona che meriterebbe di avere una stufa che si spacca dato che la pulisce tutte le sere con la spugnetta anche tutto dentro intorno, insomma una stufa pulita, stava zitta. Dice: quando arriva gli parli tu. Certo, le dico. E stavo zita ad aspettare che arrivasse il nostro nemico di riflesso.
nel frattempo, le dico, parliamo di qualcosa. Dato che fare conversazione è difficile perché non si sa di cosa parlare allora penso, l'unica è qualcosa di ebraico e olocausto, che la tiene sveglia. Allora le chiedo Ma nonno, tra i suoi della famiglia, possibile che non ha avuto nessuno sterminato nei lager? facendo capire anche una certa insinuazione che quasi non si poteva percepire da fuori, ma che lei ha percepito benissimo dicendo subito Certo.
No, continuo, perché Carola dice che la famiglia di Mary, il padre di Mary che era poi cugino di nonno, lui ha avuto il padre e il fratello sterminati (come dire, cazzo, loro almeno hanno avuto qualcosa) e la nonna dice Anche nonno ha avuto qualcosa eh, adesso lasciamici pensare.
Quindi avevamo la conversazione, potevamo stare lì a fare collegamenti, che è un bene, la tiene allegra e sveglia. Allora, La nonna del nonno che si chiamava Olga, dice la nonna, che era la sorella della mamma del padre di Mary, che infatti la figlia della figlia, Olghina era già scappata ma poi, non so perché, era poi tornata un attimo a casa a prendere qualcosa, e qualcuno del quartiere l'ha denunciato e l'han portata via. Perché davano cinque lire. Allora c'erano ancora le lire. Cinque lire.
Come dire, come vedi anche noi, essendo parenti eravamo dentro quella storia.
Poi mi metto ascrivere la genealogia, anche dei parenti di Genaova che anche loro hanno avuto problemi anche se non sono morti nei campi, ma il padre di Piero che era un Moscato, dice la nonna tutta inarzillita, lui l'avevano arrestato e poi lo avevano torturato per fargli dire dov'erano i fratelli e poi sono arrivati gli americani e l'han rilasciato, però poi è morto a casa il giorno dopo, quindi (sottinteso, vale).
Quindi dico, vale.
Arriva il tecnico della stufa che guarda la stufa e dice: Meglio fare una fotografia, poi si capisce che lui, essendo più un tecnico dei tubi della stufa che della stufa, non può far molto, anche perché poi, da come si comporta si capisce (ci fa capire) che lui di quelli che ci hanno venduto la stufa, pensa male. Non lo dice proprio diretto, ma lo lascia capire da come scuote la testa quando gli facciamo vedere la garanzia. come dire: mmmm chissà cosa si inventeranno questi adesso per non fare la riparazione.
Poi se ne va, portandosi dietro il libretto e la grazia e tutto, per portarli al negozio.
Meno male che mia madre non lo sa, altrimenti sai cosa avrebbe detto: tu sei proprio scema figlia mia, cosa vai a dare la garanzia in mano a quelli che te l'avevo detto che sono ladri, che sono persone che era meglio non fidarsi a dargli in mano la garanzia perché quelli sicuro che non te la restituiscono, potrebbero farla sparire o anche manometterla (come i servizi segreti). ti sei messa nelle mani dei nemici.
ma io l'ho fatto volentieri, per avere anch'io una via di fuga. Per poter dire, sono stati loro, all'occorrenza.
e mia nonna comunque con la sua stufa che aveva pulito anche dentro, che da quando ce l'ha, è l'ultima persona che meriterebbe di avere una stufa che si spacca dato che la pulisce tutte le sere con la spugnetta anche tutto dentro intorno, insomma una stufa pulita, stava zitta. Dice: quando arriva gli parli tu. Certo, le dico. E stavo zita ad aspettare che arrivasse il nostro nemico di riflesso.
nel frattempo, le dico, parliamo di qualcosa. Dato che fare conversazione è difficile perché non si sa di cosa parlare allora penso, l'unica è qualcosa di ebraico e olocausto, che la tiene sveglia. Allora le chiedo Ma nonno, tra i suoi della famiglia, possibile che non ha avuto nessuno sterminato nei lager? facendo capire anche una certa insinuazione che quasi non si poteva percepire da fuori, ma che lei ha percepito benissimo dicendo subito Certo.
No, continuo, perché Carola dice che la famiglia di Mary, il padre di Mary che era poi cugino di nonno, lui ha avuto il padre e il fratello sterminati (come dire, cazzo, loro almeno hanno avuto qualcosa) e la nonna dice Anche nonno ha avuto qualcosa eh, adesso lasciamici pensare.
Quindi avevamo la conversazione, potevamo stare lì a fare collegamenti, che è un bene, la tiene allegra e sveglia. Allora, La nonna del nonno che si chiamava Olga, dice la nonna, che era la sorella della mamma del padre di Mary, che infatti la figlia della figlia, Olghina era già scappata ma poi, non so perché, era poi tornata un attimo a casa a prendere qualcosa, e qualcuno del quartiere l'ha denunciato e l'han portata via. Perché davano cinque lire. Allora c'erano ancora le lire. Cinque lire.
Come dire, come vedi anche noi, essendo parenti eravamo dentro quella storia.
Poi mi metto ascrivere la genealogia, anche dei parenti di Genaova che anche loro hanno avuto problemi anche se non sono morti nei campi, ma il padre di Piero che era un Moscato, dice la nonna tutta inarzillita, lui l'avevano arrestato e poi lo avevano torturato per fargli dire dov'erano i fratelli e poi sono arrivati gli americani e l'han rilasciato, però poi è morto a casa il giorno dopo, quindi (sottinteso, vale).
Quindi dico, vale.
Arriva il tecnico della stufa che guarda la stufa e dice: Meglio fare una fotografia, poi si capisce che lui, essendo più un tecnico dei tubi della stufa che della stufa, non può far molto, anche perché poi, da come si comporta si capisce (ci fa capire) che lui di quelli che ci hanno venduto la stufa, pensa male. Non lo dice proprio diretto, ma lo lascia capire da come scuote la testa quando gli facciamo vedere la garanzia. come dire: mmmm chissà cosa si inventeranno questi adesso per non fare la riparazione.
Poi se ne va, portandosi dietro il libretto e la grazia e tutto, per portarli al negozio.
Meno male che mia madre non lo sa, altrimenti sai cosa avrebbe detto: tu sei proprio scema figlia mia, cosa vai a dare la garanzia in mano a quelli che te l'avevo detto che sono ladri, che sono persone che era meglio non fidarsi a dargli in mano la garanzia perché quelli sicuro che non te la restituiscono, potrebbero farla sparire o anche manometterla (come i servizi segreti). ti sei messa nelle mani dei nemici.
ma io l'ho fatto volentieri, per avere anch'io una via di fuga. Per poter dire, sono stati loro, all'occorrenza.
sabato 29 aprile 2017
la decisione
Oggi sono rimasta in macchina, ferma e parcheggiata e non riuscivo ad uscire, ad andarmene, per via di una visione: una ragazza cinese giovane, ma neanche bella, neanche con la pelle di porcellana, no no, una puttana di quelle, aveva spostato lievemente le tendine del centro massaggi cinesi che sta proprio dirimpetto al parrucchiere doveva sempre Lea a farsi fare i capelli a sei euro, sempre dei cinesi ovviamente, perché i cinesi fanno spesso questo: si mettono uno davanti all'altro, per proteggersi? per guardarsi? sentirsi simili, chennesò. e guardava fuori. Ma poco, per non essere vista neanche da me, che pure ero parcheggiata là per caso e non volevo guardarla, ma non potevo smettere. Perché era come se lei si nascondesse, non volendolo fare, anzi, lei. Non so come dire. Lei guardava, ma non me, più di lato. Anche se lì era chiaro, non c'era nessuno. Lei guardava per guardare. E c'era qualcosa di molto triste, non lo dico perché sono cose che si dicono spesso queste delle puttante, soprattutto cinesi e quasi sempre loro malgrado. Perché una cosa è una cinese che ha in animo di suo di essere puttana apre un'attività, come una che sta all'angolo di via Baretti con via orme a torino che al limite non c'è niente di cui immalinconirsi, è come le altre, sì, magari avrà il cappone ma chi più chi meno, ma questa no. Non stiamo parlando di una che alla fine si è rassegnata, stiamo parlando di una che è, ad ogni evidenza, imprigionata. E io lì davanti a non sapere come toglierle gli occhi di dosso senza liberarla e dimenticarmi di lei e della sua clausura. Che mi immaginavo. Sai quando si dice: Sì sì, fanno pena ma poi gratta gratta stanno meglio di noi. Molto meglio di noi. E si viene a scoprire che è tutta gente ( certo, loro, parlo di loro che sono sempre comunque persone che fanno pena all'inizio ma poi si rivelano gente che gratta gratta sta meglio di noi, come. No so. Gli zingari. Ecco. E i cinesi ovvio. Le puttane cinesi) Mi chiedevo perché lei si metteva a guardare fuori così, come se avesse nostalgia di un fuori che non trovava più, appena a appena, come se lo sguardo la portasse da un'altra parte e non: sulla strada con le macchine che passavano sotto l'insegna Massaggi rilassanti e le tendine non trasparenti, di quel rosso porpora e i fiori finti con caravelle (sono caravelle, piroghe e quei tipici fiori cinesi che, non fossero di plastica, farebbero odore di morte e cose di quella densità.
Me ne stavo lì, come se dovessi scusarmi con lei, per quella cosa. Per quel suo sporgersi, affacciarsi già così piccolo. Scusarsi con lei per quel essermi accorta di lei così poco.
Siamo vite che se ne vanno subito.
Me ne stavo lì, come se dovessi scusarmi con lei, per quella cosa. Per quel suo sporgersi, affacciarsi già così piccolo. Scusarsi con lei per quel essermi accorta di lei così poco.
Siamo vite che se ne vanno subito.
domenica 16 aprile 2017
gesù
a me da piccola piaceva gesù dentro un libro della fondazione s-paolo che mio nonno teneva sul ripiano in alto vicino a una testa pesante e nera posata sopra un piccolo piedistallo, che era una testa di nessuno, un'opera d'arte. questo libro glielo avevano regalato quelli della banca che facevano sempre dei regali così, con le foto di torino vecchie o altre cose che non c'entravano niente. erano dei libri grossi con le figure che stavano in alto. perché mio nonno non leggeva libri d'arte ma solo gialli mondadori e le storie di fantozzi. a me piaceva aprire quel libro grande perché dentro c'erano le fotografie di gesù col sangue. che non era una cosa che si vedeva spesso. anche perché da noi, a casa nostra non c'era gesù. quindi lui stava solo in quel libro e quando lo aprivi sanguinava da tutte quelle ferite. era molto esagerato e grandioso e c'erano dei colori che non si vedevano mai. erano i colori delle chiese.
questo gesù aveva anche facce diverse ma sempre le stesse ferite, una sul petto e sui piedi, dove c'erano i chiodi. e aveva una fronte con le spine conficcate dentro.
questo gesù era non si capisce se vivo o morto, per questo era ancora più bello. io me lo guardavo ma senza dire niente, perché ai nonni non piaceva che si guardassero cose di religione. in genere poi quelle erano cose non per bambini, per via del sangue. ma io lo guardavo facendo finta di sfogliare così, senza dar peso. invece glielo davo, il peso, perché, se dopo tutti questi anni me lo ricordo ancora.
questo gesù aveva anche facce diverse ma sempre le stesse ferite, una sul petto e sui piedi, dove c'erano i chiodi. e aveva una fronte con le spine conficcate dentro.
questo gesù era non si capisce se vivo o morto, per questo era ancora più bello. io me lo guardavo ma senza dire niente, perché ai nonni non piaceva che si guardassero cose di religione. in genere poi quelle erano cose non per bambini, per via del sangue. ma io lo guardavo facendo finta di sfogliare così, senza dar peso. invece glielo davo, il peso, perché, se dopo tutti questi anni me lo ricordo ancora.
sabato 15 aprile 2017
gesù del libro
a me da piccola piaceva gesù dentro un libro della fondazione s-paolo che mio nonno teneva sul ripiano in alto vicino a una testa pesante e nera posata sopra un piccolo piedistallo, che era una testa di nessuno, un'opera d'arte. questo libro glielo avevano regalato quelli della banca che facevano sempre dei regali così, con le foto di torino vecchie o altre cose che non c'entravano niente. erano dei libri grossi con le figure che stavano in alto. perché mio nonno non leggeva libri d'arte ma solo gialli mondadori e le storie di fantozzi. a me piaceva aprire quel libro grande perché dentro c'erano le fotografie di gesù col sangue. che non era una cosa che si vedeva spesso. anche perché da noi, a casa nostra non c'era gesù. quindi lui stava solo in quel libro e quando lo aprivi sanguinava da tutte quelle ferite. era molto esagerato e grandioso e c'erano dei colori che non si vedevano mai. erano i colori delle chiese.
questo gesù aveva anche facce diverse ma sempre le stesse ferite, una sul petto e sui piedi, dove c'erano i chiodi. e aveva una fronte con le spine conficcate dentro.
questo gesù era non si capisce se vivo o morto, per questo era ancora più bello. io me lo guardavo ma senza dire niente, perché ai nonni non piaceva che si guardassero cose di religione. in genere poi quelle erano cose non per bambini, per via del sangue. ma io lo guardavo facendo finta di sfogliare così, senza dar peso. invece glielo davo, il peso, perché, se dopo tutti questi anni me lo ricordo ancora.
questo gesù aveva anche facce diverse ma sempre le stesse ferite, una sul petto e sui piedi, dove c'erano i chiodi. e aveva una fronte con le spine conficcate dentro.
questo gesù era non si capisce se vivo o morto, per questo era ancora più bello. io me lo guardavo ma senza dire niente, perché ai nonni non piaceva che si guardassero cose di religione. in genere poi quelle erano cose non per bambini, per via del sangue. ma io lo guardavo facendo finta di sfogliare così, senza dar peso. invece glielo davo, il peso, perché, se dopo tutti questi anni me lo ricordo ancora.
giovedì 13 aprile 2017
la morte e lo scansarla in famiglia
Mia mamma se ne viene con la macchina sotto casa mia
a prendere un cuscino che le ho detto che le davo
telefona che scenda
perché lei figurati se sale
comunque prende il cuscino, glielo passo dal finestrino
se lo mette sul sedile di fianco
tutto sporco di cose di pecore
e poi dice che ha caldo
e poi mettendo il gomito sul finestrino
che è un po' triste perché le hanno telefonato dall'Irlanda per dirle che un suo amico irlandese
ha il cancro al cervello,
e qui ci ricolleghiamo allo sport di famiglia
cominciato da mia nonna con i coloranti dei ghiaccioli
che consiste nel ricollegare tutto a dei nemici da scansare
per non morire,
che in questo caso si addensano nel cellulare
che mia madre dice Io lo tengo spento, adesso.
Certo, penso, figurati. Noi non moriremo,
siamo così previdenti.
Il cellulare. Poi anche altre cose.
Comunque quando sono tornata a casa
ho subito telefonato a Gi per dirgli, lo sai
che un amico di mia madre irlandese gli venuto il cancro (mentre lo dico capisco già che Gi ha capito dove voglio andare a parare) al cervello, è tutta colpa del cellulare quindi non lo usare.
E Gi dice, sì sì, capisco, ho capito quella cosa lì (si capisce che sta in mezzo ad architetti e non può parlare)
Certo. Non ti preoccupare figurati.
Poi quando metto giù penso che mia madre è una stronza, ma non per il cellulare, solo così, un pensiero mio.
a prendere un cuscino che le ho detto che le davo
telefona che scenda
perché lei figurati se sale
comunque prende il cuscino, glielo passo dal finestrino
se lo mette sul sedile di fianco
tutto sporco di cose di pecore
e poi dice che ha caldo
e poi mettendo il gomito sul finestrino
che è un po' triste perché le hanno telefonato dall'Irlanda per dirle che un suo amico irlandese
ha il cancro al cervello,
e qui ci ricolleghiamo allo sport di famiglia
cominciato da mia nonna con i coloranti dei ghiaccioli
che consiste nel ricollegare tutto a dei nemici da scansare
per non morire,
che in questo caso si addensano nel cellulare
che mia madre dice Io lo tengo spento, adesso.
Certo, penso, figurati. Noi non moriremo,
siamo così previdenti.
Il cellulare. Poi anche altre cose.
Comunque quando sono tornata a casa
ho subito telefonato a Gi per dirgli, lo sai
che un amico di mia madre irlandese gli venuto il cancro (mentre lo dico capisco già che Gi ha capito dove voglio andare a parare) al cervello, è tutta colpa del cellulare quindi non lo usare.
E Gi dice, sì sì, capisco, ho capito quella cosa lì (si capisce che sta in mezzo ad architetti e non può parlare)
Certo. Non ti preoccupare figurati.
Poi quando metto giù penso che mia madre è una stronza, ma non per il cellulare, solo così, un pensiero mio.
mercoledì 12 aprile 2017
info
le porte apriranno alle diciannove
le parole cominceranno a fluire alle diciannove e trenta
interi euro 8
ridotti
oltre i sessantacinque 5 euro
studenti universitari 5 euro
giornalisti accreditati e professori di matematica
euro 6
toelettatori di gatti 6,50 euro
credenti 5 euro
miopi e astigmatici 5 euro
idraulici senza furgoncino 5 euro
idraulici con furgoncino 4 euro
madri di divinità 4 euro
programmatori 5 euro
persone buone 5 euro
palchettisti euro 1
gruisti ingresso libero
voci registrate navigatore satellitare 3 euro
pizzaioli curdi 3 euro
tassisti 5 euro
ginecologi 6 euro
persone lievemente sovrappeso 5 euro
figli non riconosciuti ingresso libero
pasticceri euro 5
parrucchieri da uomo euro 7
parrucchieri donna uomo euro 7
uomini d'affari euro 7
venditori di galline vive al mercato euro 5
a fine serata il poeta si presterà.
Il bus con le persone in piedi
Il bus con le persone in piedi
strette sul loro legamento consumato
hanno dovuto tutti raccontarsi una storia
hanno dovuto tutti credere alle case e agli alberi al cielo
che scappavano.
E gli alberi sono così fortunati
ad essere visti danzanti,
le case scivolano via come treni
e abbiamo visto tante di quelle nuvole
balzare in un ricordo.
Se nessuno ci guarda, chi può sapere
che siamo passati proprio quel giorno?
visione
Spiego tutto cosi La stortura lieve del cervello che non metteva in asse. Giustifico ogni cosa a partire da quel parametro non nella norma, che faceva scuotere la testa che faceva capire che non c'eravamo quasi che no, non c'eravamo. Che faceva dire siamo lontanissimi, sua figlia è sempre altrove. Mentre certi spicchi di sole filtravano dalle persiane e guardavo i fili, i riflessi dei fili, sul pavimento.
Già. Già già. Averlo saputo prima, che era meglio non assecondare. Correggere.
Tutta questa fiducia nella visione, cresciuta brada.
Già. Già già. Averlo saputo prima, che era meglio non assecondare. Correggere.
Tutta questa fiducia nella visione, cresciuta brada.
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