mercoledì 19 agosto 2015

alcune riflessioni su cose varie

MORBIDEZZA
Mi stavo chiedendo appunto (stamattina alle cinque e cinquanta), una cosa sulla morbidezza del gatto. la questione consiste più o meno in questo: Quando noi affondiamo le mani nel gatto, percependone la morbidezza del vello, e proviamo la naturale sensazione di gradevolezza, e desideriamo ancora di più accarezzare il gatto, il quale a sua volta attiva il ronron per manifestare la propria approvazione al nostro concederci alla sua morbidezza e si lascia percepire e godere in tutta la sua morbidezza di gatto dal pelo morbidissimo e cremoso, noi, cosa facciamo?
noi, quando accarezziamo il gatto, cosa stiamo facendo?
lo accarezziamo per manifestargli la nostra simpatia di uomini, la nostra gentilezza e la nostra disponibilità a prenderci cura di lui e del suo vello, o per altre ragioni più interconnesse al fatto che quando affondiamo le dita lungo e attraverso la sua superficie pelosa, la cosa ci piace?
se il gatto, invece del vello, del manto morbido e folto, avesse dei chiodini, 
ci piacerebbe ugualmente accarezzarlo?
i gatti crostosi e malati, i gatti maschi che tornano dalla guerra gatto-cosmica, ci piacciono? ci invogliano le carezze? 
non so.
non mi pare.
quindi, smettiamola di dire che noi accarezziamo i gatti perché ci piacciono i gatti, nel senso truffaldino di amare l'animale gatto in quanto animale, e ci piace prenderci cura di lui.
la verità è che il nostro affetto, il nostro desiderio di comunione col gatto risiede tutto nella morbidezza.
tolta la morbidezza ( ammesso che sia possibile concepire appunto un gatto senza pelo, o rognoso, o con degli stuzzicadenti al posto dei peli), tolto il fascino ancestrale e il potere atavico del gatto sui nostri sensi e, dunque, dal nostro cuore.
noi non amiamo il gatto, non l'abbiamo mai amato.
abbiamo amato, semmai, la sua morbidezza. la sua occasione di piacere sfruttabile e di facile portata.
noi dovremmo ammettere di non amare il gatto in quanto gatto, o di non amare del gatto che la sua qualità più importante per noi. la sua essenza tattile. non che sia una colpa. era solo per rimettere le cose al loro posto.

REGOLARITA' | COLAZIONE
Quando avevo cinque sei anni andavo a dormire dalla bisnonna Lucia. La mattina, sempre, ogni mattina che mi svegliavo a casa sua, la nonna ( bis), aveva sparso per la casa l'odore del pane abbrustolito nel forno per la mia colazione.
la colazione a casa della nonna (bis) consisteva in questo pane a pezzi, il pane del giorno prima, della cena o del pranzo del giorno prima, abbrustolito e una tazza di latte e un uovo sbattuto con lo zucchero.
non so se mi piacesse il pane abbrustolito. Non me lo domandavo. Perché il punto non era se il pane abbrustolito fosse o non fosse la cosa più desiderabile per la colazione, era piuttosto che il pane abbrustolito c'era. e c'era sempre. col suo odore che diffondeva ovunque, che era sempre lo stesso odore di pane abbrustolito di quel tipo, che era il tipo di pane che comprava mia nonna (bis), con lo strutto, bianco, molto bianco (doveva considerarlo un lusso raggiunto).
la colazione mi era sommamente gradita per il fatto che era sempre la stessa, non c'erano sorprese. non c'era alcuna sorpresa. e questo doveva sembrarmi meraviglioso, a quel tempo. 
la mattina mia nonna (bis) veniva a svegliarmi, e nell'aria c'era già l'odore le suo pane caldo, e sul tavolo in cucina c'era già la mia tazza con il latte dentro e una tazzina a fianco, con dentro l'uovo sbattuto con lo zucchero, che io spalmavo sul pane, previamente, prima di cacciarlo nel latte.
era buono? sì, era buono. era buonissimo.
perché?
perché mia nonna sapeva sbattere l'uovo come nessun altro. sapeva sciogliere lo zucchero dentro l'uovo. non so come facesse. non ho mai più assaggiato nessun uovo sbattuto così bene, con quella sapienza.
 la considerazione era solo questa: la colazione a casa di mia nonna (bis), era la colazione, non suscettibile di miglioramenti.
non c'erano altre colazioni concepibili. perché era il rito del profumo del pane, e tutto il resto.


DOLORE | FANTASMA DEL DOLORE
Quando, dopo oltre cinque giorni di sciatalgia, ho acconsentito a prendere un voltaren, il dolore è effettivamente scomparso. Ma dove?
dove scompare la sciatalgia, quando prendi il voltaren?
la risposta è che non scompare. si nasconde da qualche parte. Io credo che il dolore, quando prendi un antidolorifico, si nasconda nella memoria. 
ti ricordi del dolore, sai dove si trova, anche se al momento è irreperibile.
dov'è il dolore?
non si sa.
è un'illusionismo. 
non so come rapportarmi a questa assenza di dolore, diffido di lei. Ho l'impressione che sia truffaldina. che sia un raggiro, un inganno che prima o poi si rivelerà nella sua ingenua inconsistenza.
il dolore raggirato si vendica, penso, chinandomi a raccogliere i jeans che solo ieri sera mi sarebbero sembrati irraggiungibili.
molto bene. Noi viviamo così. di queste scorciatoie. adesso l'ho capito. 
però continuo a pensare al dolore fantasma, al luogo del suo stare in attesa, al suo limbo.
il luogo nel quale i dolori scacciati, estromessi, dimenticati a forza, attendono pazientemente il tempo dell'irruzione finale.

Per oggi solo questo.



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