sabato 31 ottobre 2015

SOLO ALDO




L'altro giorno quando ho letto della morte del figlio di Togliatti mi è venuto da pensare qualcosa.
È da un po' che incontro questo pensiero che riguarda in varie forme i figli di
di cantante famoso
di famoso poeta
di grande pittore (intervistato/a in occasione del centenario di)

come se la prouderie del mondo, ma anche la morbosità del mondo, il gusto un po' diagonale, di relazionarsi faccia a faccia, non più con la celebrità inarrivabile, ma con la sua più abbordabile emanazione, depotenziata, innocua (ti si può toccare! ti si può guardare da vicino!)trovassero pace.

Il destino dei grandi di ha gabbato, per una generazione ti ha mancato!
Non sei che un fio pagato alla buona sorte di chi ti ha preceduto.
Sei sei sei: un cognome, quasi nessuno.

Quanti poi i figli di pittori, cantanti, scienziati, illustri pensatori divenuti (per inerzia o tradizione o ignavia) altrettanti pittori-ini cantante-ini scienziati-ini, pensato-ini.

Ma il figlio di Togliatti non era altro che Aldo. Uno solo. Uno dimenticato. Uno incurabile. 

Finché poi, una voce ci ha pietosamente informati che anche lui, nel suo piccolo, aveva compiuto la sua grande impresa. Anche a lui era ascrivibile un'azione da prima pagina, 
semplice, 
naturale, 
eroica.

Ciao piccolo figlio, mi hai commossa, ti ho immaginato giocare a carte con un bicchiere di vino, ti ho immaginato a capo basso, strisciare i piedi in un corridoio, mettere a posto certe carte, guardare certe fotografie, dire Non so, non so nulla, non so più. E con beneducazione russa stringere appena gli occhi sorridendo,dare la mano, salutare qualcuno che ti ricordava vagamente qualcun altro, o forse no.

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